Blog NEWS (13/05/17)

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domenica 27 aprile 2014

Senza titolo...




"Dio ci ha dato due orecchie ed una sola bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà."


Epitteto

(Hierapolis, 50-55 d.C. - Nicopoli d'Epiro, 120-130 d.C.)








sabato 5 aprile 2014

I conti col proprio passato non tornano mai...

In un vecchio post del novembre 2012, ho brevemente accennato, inserendolo nella mia personale classifica degli ultimi anni, al film del regista iraniano Asghar Farhadi "Una separazione", Oscar 2012 come miglior film straniero.
Un ritratto realistico e coinvolgente della vita di una coppia in crisi nell'Iran dei giorni nostri. 

Dello stesso autore e regista, è recentemente uscita nelle sale l'ultima opera, altrettanto meritevole di considerazione: "Il passato".
Anche se questa volta la storia è ambientata nella occidentale e multietnica Francia, al centro vi è sempre la complicata esistenza quotidiana di una famiglia moderna, quella che un orrido eufemismo chiama "famiglia allargata". Questo nucleo molto precario è composto da una madre instabile ed insoddisfatta, due figlie avute da una relazione precedente, di cui una adolescente in piena crisi di accettazione e travolta dai sensi di colpa (non voglio anticiparne i motivi...), e un nuovo compagno, malmostoso e indisponente, con figlio di pochi anni a rimorchio, ma ancora legato alla moglie, da tempo degente in ospedale, in coma per tentato suicidio... 

Manca qualcosa? Ah, sì, eccome. 
La visita programmata da tempo di un secondo marito della donna (...e vai!), separato e residente a Teheran, ritornato in Francia solo per espletare le pratiche di divorzio, il quale, travolto e coinvolto suo malgrado nel turbine di conflitti, sentimenti, rivalse e segreti sepolti di questo agglomerato umano pronto ad esplodere come una bomba innescata, funge da involontario detonatore, pur animato da una buona fede encomiabile, anche se un po' troppo ingenua e buonista.
In tutto questo papocchio, che il regista riesce a rendere magistralmente, mantenendo un distaccato equilibrio fra scene corali e sentimenti personali, tratteggiati con partecipazione ma evitando accuratamente di emettere sentenze, lo spettatore viene disturbato, ritengo a bella posta, dalla costante esibizione di egoismo dei protagonisti adulti, ciascuno pervicacemente abbarbicato ai suoi desideri, ai suoi sogni infranti e alle sue priorità, efficacemente contrapposto agli sguardi e alle intime sofferenze dei figli, sballottati come fagotti da una verità all'altra, da una casa all'altra, da un affetto all'altro. Sono loro, credo, alla fine, i veri eroi inconsapevoli di questa storia.
Si esce dal cinema con un senso di fastidio, forse anche di rabbia, verso l'evidente incapacità dimostrata da questi nuovi adulti di fermarsi a riflettere e di saper controllare i propri sentimenti, le proprie pulsioni. Sembra che per loro la soluzione di tutti i problemi, delle frustrazioni e sofferenze, sia quella di saltare da un letto all'altro senza un minimo di temperanza e sotto gli sguardi interrogativi e rassegnati dei figli, già incoscientemente coinvolti nel caos del mondo e delle loro esistenze.
La capacità di disegnare questo mosaico di vita mettendo a fuoco contemporaneamente tutti i tasselli con estrema lucidità e crudo realismo, senza falsa pietà e senza troppa indulgenza, rappresenta il pregio più evidente di questo grande film.
Consigliato ad un pubblico esigente e consapevole.