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domenica 7 dicembre 2014

Bogo bogonela, tira fora i corni...

Chiuso nel mio guscio di finte miserie, butto l'occhio dalle fessure sul mondo circostante e mi ritiro subito, spaventato. Qualcuno o qualcosa, talvolta, sempre più raramente, riesce ad aprire una breccia, a mostrarmi con disincantato candore come potrebbe essere la vita, vista con altri occhi.
Questo mi fa tornare alla mente il ritornello di una filastrocca che mi cantavano da bambino, osservando il comportamento delle lumache (ovvero chiocciole, quelle con la conchiglia), che dalle nostre parti vengono chiamate "bogoni": "Bogo bogonela, tira fora i corni..." 
Esci dal tuo guscio e guardami! Sono qua, sono vivo, non aver paura!

“Ogni desiderio che la mano non afferra è soltanto un sogno.”

Questa volta il ruolo di guida spirituale spetta a Daniel Pennac, indimenticato autore di quei magnifici racconti di realtà parallela e surreale dedicati al personaggio di Benjamin Malaussène e alla sua variegata e numerosissima famiglia, da sempre fra i miei preferiti.
È un piacere che sa di antico sfogliare ancora una volta le pagine, ancorché digitali, di un suo libro (Storia di un corpo), conoscere i suoi personaggi e addentrarsi nelle loro vite, così apparentemente naturali e comuni da sembrare quasi normali, anche se in realtà nel corso della lettura appare evidente quanto sia vero il contrario, particolarmente nel mio caso.

“Quel che più mi rattrista della specie umana non è tanto che passi il tempo a uccidersi, quanto che poi sopravviva.”

La storia narrata dal protagonista, a mo' di diario, attraverso le tappe delle sue percezioni prettamente fisiche e corporali ci porta a spasso con coraggioso realismo attraverso tutte le fasi della vita, dall'infanzia all'età adulta, fino alla vecchiaia e alla morte, soffermandosi ogni due passi a raccontare aneddoti ed episodi con voce pacata e ironico buon senso.

“Qualche giorno prima della morte di Tijo, ho telefonato a J.C., il suo “migliore amico” (sul piano dell’amicizia Tijo funzionava con categorie giovanili). Il migliore amico mi ha risposto che non sarebbe andato a trovare Tijo in ospedale; preferiva conservare di lui l’immagine di una “vitalità indistruttibile”. Delicatezza disgustosa, che abbandona un uomo alla propria agonia. Odio gli amici in spirito. Mi piacciono solo gli amici in carne e ossa.”

Ci conduce a girovagare, con apparente noncuranza, negli anfratti della natura umana, a seguire le sue evoluzioni fra le circonvoluzioni della nostra psiche, mantenendo inalterata la leggerezza e la sottile onnipresente ironia con cui affronta gli aspetti più delicati, più intimi, più  controversi della nostra vita, con cui si addentra dolcemente e pudicamente nella giungla dei sentimenti, dei rapporti fra i sessi e di quelli intergenerazionali.

“Un adolescente, quell’essere informe che esce dall’infanzia tirandosi per il pisello.”

Ci prende per mano e ci accompagna passo passo nei vicoli bui della nostra quotidianità; i piaceri evocati dai nostri cinque sensi, lo studio meticoloso della nostra corporale umanità, l'elementare essenzialità del sesso, gli stupidi cliché e le inevitabili ipocrisie che accompagnano gli eventi e i passaggi fondamentali della nostra esistenza fisica.

“Sei così educato che se il tuo culo potesse parlare direbbe “prot”.”

“L'ano, sezionando lo stronzo, svolge la funzione di un tagliasigari. E il volto, in entrambe le circostanze, mostra la medesima espressione concentrata.”



Grazie, caro Pennac, leggerti è stato come restare affacciato ad una finestra aperta sul cortile di un'altra vita, solo apparentemente e biologicamente simile alla mia, ma in realtà così diversa, così lontana, così irraggiungibile...

Beh, ora si è fatto tardi, vi saluto, devo rientrare nel mio guscio. 

Bogo bogonela...