Senza dubbio una delle figure contemporanee di maggior
spicco nell'eterna lotta contro il potere assoluto e la
violazione dei diritti umani è quella di Aung San Suu Kyi, leader dagli anni ‘80
del movimento non violento per la democrazia in Birmania, oggi Myanmar.
A questa donna affascinante e
carismatica Luc Besson ha recentemente dedicato il film The Lady – L’amore per la libertà.
Avevo già avuto contatti
cinematografici con questo personaggio molti anni fa, rimanendone già allora
conquistato ed emozionato. Era il 1995 e il film di John Boorman si intitolava Oltre Rangoon.
La storia di una donna medico
americana, recentemente colpita da una grave disgrazia familiare, che, per
seguire i consigli di un’amica, affronta un lungo viaggio liberatorio nel
lontano oriente ed entra in contatto nel 1988 con la spaventosa situazione politica
e umana della Birmania; avvicina il movimento democratico di rivolta guidato da
Aung San Suu Kyi, lasciandosi coinvolgere e trascinare dalla forza d’animo di
questa donna, fino a scordare la sua personale sofferenza per abbracciarne una
immensamente più grande.
Nel recente film di Luc Besson
invece, la figura di Aung San Suu Kyi viene descritta soprattutto negli intimi
aspetti della sua tragedia personale e familiare, costretta, in nome dell’amore
per il suo popolo e la libertà democratica, a rinunciare per lunghi anni a qualsiasi
contatto con la sua famiglia inglese, marito, professore di cultura orientale a
Oxford, e due figli adolescenti. Più volte costretta agli arresti domiciliari,
praticamente segregata in casa dalla costante pressione del potere militare, che
cercava in tutti i modi di isolarla dal mondo, non ha potuto neppure assistere
il marito nei suoi ultimi giorni di vita, ucciso dal cancro nel 1999.
Nonostante queste ripetute
privazioni affettive, la sua costanza, la sua passione per la libertà e la sua forza
d’animo, premiate con il Nobel per la pace nel 1991, hanno rappresentato una continua
spina nel fianco per il regime militare al potere in Birmania dalla fine degli
anni ’80, oltre che una fonte d’ispirazione per tutti i movimenti democratici non
violenti. Solo recentemente, grazie ai suoi continui sforzi e alle pressioni dei governi occidentali e dell'opinione pubblica mondiale, l’oppressione totalitarista
nel suo paese si è allentata, permettendo un lento e solo parziale
sconfinamento verso un regime democratico.
Dal film, a mio parere molto
bello e coinvolgente, emerge una figura di donna straordinaria, capace,
praticamente da sola, di tener testa ad uno dei più feroci ed oppressivi regimi
dittatoriali che la storia recente ricordi. E capace anche, cosa molto strana e
per certi versi anacronistica, di non farsi mai ammazzare.