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venerdì 11 maggio 2012

The Lady - L'amore per la libertà

Senza dubbio una delle figure contemporanee di maggior spicco nell'eterna lotta contro il potere assoluto e la violazione dei diritti umani è quella di Aung San Suu Kyi, leader dagli anni ‘80 del movimento non violento per la democrazia in Birmania, oggi Myanmar. 
A questa donna affascinante e carismatica Luc Besson ha recentemente dedicato il film The Lady – L’amore per la libertà.
Avevo già avuto contatti cinematografici con questo personaggio molti anni fa, rimanendone già allora conquistato ed emozionato. Era il 1995 e il film di John Boorman si intitolava Oltre Rangoon.
La storia di una donna medico americana, recentemente colpita da una grave disgrazia familiare, che, per seguire i consigli di un’amica, affronta un lungo viaggio liberatorio nel lontano oriente ed entra in contatto nel 1988 con la spaventosa situazione politica e umana della Birmania; avvicina il movimento democratico di rivolta guidato da Aung San Suu Kyi, lasciandosi coinvolgere e trascinare dalla forza d’animo di questa donna, fino a scordare la sua personale sofferenza per abbracciarne una immensamente più grande.
Nel recente film di Luc Besson invece, la figura di Aung San Suu Kyi viene descritta soprattutto negli intimi aspetti della sua tragedia personale e familiare, costretta, in nome dell’amore per il suo popolo e la libertà democratica, a rinunciare per lunghi anni a qualsiasi contatto con la sua famiglia inglese, marito, professore di cultura orientale a Oxford, e due figli adolescenti. Più volte costretta agli arresti domiciliari, praticamente segregata in casa dalla costante pressione del potere militare, che cercava in tutti i modi di isolarla dal mondo, non ha potuto neppure assistere il marito nei suoi ultimi giorni di vita, ucciso dal cancro nel 1999.
Nonostante queste ripetute privazioni affettive, la sua costanza, la sua passione per la libertà e la sua forza d’animo, premiate con il Nobel per la pace nel 1991, hanno rappresentato una continua spina nel fianco per il regime militare al potere in Birmania dalla fine degli anni ’80, oltre che una fonte d’ispirazione per tutti i movimenti democratici non violenti. Solo recentemente, grazie ai suoi continui sforzi e alle pressioni dei governi occidentali e dell'opinione pubblica mondiale, l’oppressione totalitarista nel suo paese si è allentata, permettendo un lento e solo parziale sconfinamento verso un regime democratico.


Dal film, a mio parere molto bello e coinvolgente, emerge una figura di donna straordinaria, capace, praticamente da sola, di tener testa ad uno dei più feroci ed oppressivi regimi dittatoriali che la storia recente ricordi. E capace anche, cosa molto strana e per certi versi anacronistica, di non farsi mai ammazzare.

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