Blog NEWS (13/05/17)

  • - The end of the game...
  • - Continua l'autunno: nuovo post.
  • - Nuove foto: autunno stagione magica!

sabato 28 gennaio 2012

Venite a vedere l'uomo che vive! (1992-2012)

Non ho parole. E forse, quel che è peggio, non ho neppure fatti. Se per fatti s'intendono quelli che muovono la storia, che sconvolgono la vita, che imprimono sulla nostra pelle il duro marchio dell'esistenza e, talvolta, della sopravvivenza.
Cosa ho vissuto ? 
Nato nei radiosi anni '50, quando l'italiano medio iniziava a respirare e a vivere veramente dopo gli anni bui della guerra e della ricostruzione, ho trovato il mondo in piena rinascita, sorridente, ottimista, guidato da giovani democrazie forgiate dalle rivoluzioni e dalle riscossioni. 
Ho respirato subito, senza preparazione e senza gradualità, quella gradualità che fa gustare le cose, l'aria di libertà e di creatività che imbibiva l'aria. 
Ho visto ricchezze accumularsi con rapidità insperata fino a pochi anni prima e godute con cupidigia, quasi a mo' di "rimborso spese" per i disagi e le sofferenze patite. 
Ho visto e seguito nel tempo l'umana tecnologia innalzarsi a vertici inimmaginabili, ma non adeguatamente corrisposta da una crescita morale e spirituale, anzi quasi accompagnata da una tendenza inversa... 
Eppure tutto mi fa credere di non avere argomenti, fatti, esperienze da narrare ! Questo perché la pace, la serenità, l'agiatezza, la salute, il benessere... SONO MONOTONI ! 
Dov'è la drammaticità della storia ? Dove il PATHOS ? Dove la suspense e l'azione ? Nelle gite in bicicletta con gli amici la domenica, nelle passeggiate con la morosa, nell'abbonamento al cineforum ?
Macché !

Ho imbottito e stipato il mio cervello, ho alimentato la mia fantasia con le migliori storie d'avventura, coi libri e i films più emozionanti degli ultimi decenni e, in realtà, io chi sono? Dove somiglio ai miei eroi, a Edmond Dantès, a Indiana Jones, al Kevin Costner de "Gli Intoccabili", al Robin Williams de "L'attimo fuggente", a Philipe Marlowe/Humprey Bogart, a James Bond/Sean Connery, a Maigret, a Pepe Carvalho, a Charitos, a Montalbano, e, perchè no?, a Benjamin Malaussène... ?? 
Eppure devo. 
Devo trasformare la mia vita normale, pur anche piacevole, varia, fantasiosa, ma normale, in un'avventura degna di essere narrata a un figlio; in modo tale da fargliene apprezzare l'essenza e convincerlo a non pentirsene mai. 
E non solo. 
Devo spremere dai racconti, dalle avventure vere o false che siano, il succo della "positività" e porlo sempre in contrasto con ciò che positivo non è. Ma non solo la "positività" scontata, banale, stereotipata, ma quella più umile e nascosta, quella che sfugge ad uno sguardo superficiale, eppure è la più bella. 
Devo tratteggiare il dolore e la sofferenza senza spaventare, senza per questo renderli il contorno necessario ed irrinunciabile dell'esistenza, ma relegandoli nello sfondo, sfumati, lontani eppur presenti, in modo tale da non farsi troppo sorprendere dalla loro invadenza. 
Soprattutto devo insegnare a non farsi "abbindolare" troppo presto, ma pensare e poi ancora pensare fino a grattare il fondo della verità, anche se costa fatica, come ben c'insegnano i nostri eroi della carta stampata e della celluloide. 
E quando avrà capito il senso dei miei racconti non avrà più bisogno di eroi, ma solo di se stesso.


P.S. (2012). Dopo 20 anni rileggo queste righe e mi domando: ce l'ho fatta? Certo che no!



sabato 14 gennaio 2012

Ascolti della memoria - 2° parte

Nella personale e asimmetrica ricerca sulle mie “origini” musicali, a cui accennavo in qualche post precedente, mi sono finalmente imbattuto in quel vulcano in perpetua eruzione che risponde al nome di Frank Zappa. La complessità e la poliedricità della sua musica avevano limitato il mio interesse negli anni giovanili, forse mancandomi allora il variopinto background musicale e culturale che si rende necessario per avvicinarsi con più consapevolezza alla infinita discografia di questo geniaccio della musica contemporanea, prematuramente scomparso nel lontano 1993. Siffatta irrequietezza intellettuale, profondamente radicata nella cultura e società statunitense negli anni ‘60, ‘70 e ‘80 rappresenta sicuramente il carattere peculiare del personaggio, ma forse anche, per noi europei, il suo maggior limite. Attingendo a man bassa a repertori musicali disparati, dal blues al funk, dall’opera lirica al jazz, Frank Zappa ha saputo comporre partiture così complesse da rappresentare quasi una bizzarra mosca bianca nel panorama musicale del periodo, dominato dal rigido asse chitarra-basso-batteria-tastiere. Nelle sue Big Band, dai “Mothers of Invention” in poi,  si intrecciano una moltitudine di sonorità perfettamente assemblate, con la sua splendida chitarra in primo piano, le voci, i cori, le percussioni possenti e le entrate dei fiati da pelle d’oca. La famosa “Peaches En Regalia”, totalmente strumentale come molti altri suoi cavalli di battaglia, ne è un esempio maestoso. Soprattutto nelle performance dal vivo, per chi ha avuto la fortuna di assistervi, si godeva appieno delle sue grandi capacità sia di strumentista che di compositore, vero e proprio direttore d’orchestra, come nel caso della collaborazione con la London Symphony Orchestra negli anni ’80 o nell’album The Yellow Shark, ultimo pubblicato in vita.
Ma la maggior difficoltà per noi non cittadini USA, come dicevo, sta poi nel seguire –o meglio, non essere in grado di seguire- tutte le complicatissime e fantasiose vicende narrate dai suoi testi, costantemente ispirati a fatti di cronaca, storie e aneddoti della quotidianità americana, così distante e differente dalla nostra. Il linguaggio brutale e triviale, talora logorroico, infarcito di volgarità e doppi sensi, non aiuta la sua musica ad essere “popolare”, nel senso più banale del termine. Le sue radici italiane compaiono sporadicamente solo per titolare brani come “Tengo na minchia tanta” o “Questi cazzi di piccione”…
Naturalmente, le mie preferenze vanno alla produzione distribuita lungo il decennio degli anni ’70, per intenderci, grosso modo da “The Grand Wazoo” del 1972, a “Sheik Yerbouti” del 1979.

Come tutte le personalità artisticamente eccessive, anche a Frank Zappa capita di superare il limite della umana comprensione –la mia!- ed esasperare la tendenza alla sperimentazione musicale e all’improvvisazione. In questi casi basta pigiare il tasto stop o next del proprio lettore CD per passare ad altro… Anche l’ascoltatore ha gli stessi diritti del lettore, per parafrasare Daniel Pennac: interrompere, saltare brani, modificare l’ordine d’ascolto, ecc.
Alla prossima.






domenica 1 gennaio 2012

Un nuovo anno di solitudine?


Per comprendere il perché questo paese stia andando così rapidamente a puttane, forse non bisogna rivolgere lo sguardo troppo lontano.
Tempo fa, ai vertici dell' azienda pubblica dove lavoro da una vita, è stata inviata una lettera, ultima di una lunga serie, per  denunciare abusi e irregolarità ben documentati con dovizia di particolari, nomi e date, ponendo infine ai destinatari precisi quesiti a riguardo.
Ebbene, la risposta, che ho avuto modo di leggere nei giorni scorsi, fornita dai dirigenti (ir)responsabili lascia interdetti per la sua inadeguatezza, fumosità, inconcludenza e ipocrisia. In due pagine di linguaggio burocratico e contorto, ricco di citazioni normative e rimandi ad articoli e commi a solo scopo riempitivo, non viene data risposta a nessuno dei quesiti posti e prevalgono frasi come “non è di nostra competenza”, “per tale problema deve rivolgersi ad altro ufficio”, “la segnalazione va indirizzata alla Commissione Taldeitali” e via discorrendo. Un vergognoso esempio di scaricabarile e spocchioso menefreghismo che fa apparire Ponzio Pilato un povero dilettante.
Improvvisamente, giunti alla fine di questo capolavoro, ci si rende conto che i fastidiosi problemi segnalati semplicemente non esistono più, o meglio, non sono mai esistiti. Sono rimasto alcuni minuti a fissare questo foglio di carta con la sensazione di essere un fantasma, di non far parte di questo mondo (aridaje…!). E questo solo nel nostro piccolo microcosmo lavorativo. Figuriamoci a livello di amministrazione comunale, regionale, statale, fiscale o giudiziaria!
Per pura coincidenza, in questi giorni sto rileggendo lo straordinario “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez. 
Verso la fine del libro, viene narrato un episodio, lungo alcune pagine, in cui una protesta sindacale viene soffocata nel sangue, con migliaia di vittime e un unico sopravvissuto. I morti e i testimoni vengono fatti tutti sparire con un treno speciale nella notte, le strade ripulite, i soldati e le mitragliatrici trasferiti segretamente altrove, cosicchè il governo nega l’accaduto con tanto candore e sicurezza da non dare adito a nessun dubbio. Rimasto solo, l’unico sopravvissuto non capisce più quale sia la realtà e, sopraffatto dalla disperazione, si rinchiude per sempre in una stanza della casa rifiutando qualsiasi contatto col mondo esterno.
Guarda te, a volte, le coincidenze…

Buon Anno a tutti!