Ma il
riscatto, inaspettatamente, arriva nelle sembianze della giovane ed agguerrita
Eugenia “Skeeter” (naturalmente bianca e ricca), neolaureata a New York, dove
ha respirato aria di rinnovamento e di eguaglianza, ambiziosa e soprattutto
determinata a cambiare lo stato delle cose. Come?
Con
un libro, rigorosamente anonimo, di storie raccontate proprio dal punto di
vista delle domestiche di colore, col loro linguaggio e la loro immediata e
cruda verità. Vengono alla luce tutti i vizi, le meschinità e le vergognose
ipocrisie della razza dominatrice bianca. Nonché qualche imbarazzante segreto…
Il
libro è una bomba a deflagrazione ritardata, ma devastante.
In
questa cornice temporale e geografica, molto suggestiva, è ambientato il bellissimo
film The Help, tratto dall’omonimo
romanzo di successo di Kathryn Stockett, che purtroppo non ho avuto il tempo di
leggere prima della trasposizione cinematografica, poiché ne ho scoperto l’esistenza
troppo tardi.
Al
conflitto razziale e alle condizioni di vita dei negri negli stati del sud si è
ispirata molta letteratura e cinematografia statunitense negli ultimi 40-50
anni.
Oltre
al famoso romanzo Radici (1976) di Alex
Haley, ricordiamo: Il buio oltre la siepe
(romanzo di Harper Lee del 1960 e film di Robert Mulligan con Gregory Peck del
1962), Il colore viola (romanzo di Alice
Walker del 1981 e film di Steven Spielberg con Whoopi Goldberg del 1985), Pomodori verdi fritti (romanzo di Fannie
Flagg del 1987 e film di Jon Avnet del 1991), Mississippi Burning (film di Alan Parker con Gene Hackman del
1989), A spasso con Daisy (dalla
pièce di Alfred Uhry il film di Bruce Beresford con Jessica Tandy e Morgan
Freeman del 1989), La lunga strada verso casa (film di Richard Pearce con Whoopi Goldberg e Sissy Spacek del 1990, tratto
da un racconto autobiografico dell'attrice Mary Steenburgen), L’agguato (film di Rob Reiner del 1996,
ispirato ad una storia vera accaduta proprio a Jackson, Mississippi, nel 1963 e
citata anche nel film di cui stiamo trattando).
Il
film è godibilissimo, benchè affronti un tema drammatico, a tratti commovente, ben
diretto da Tate Taylor, anche se privo di tocchi magici, ben ambientato e
sceneggiato, ma soprattutto ottimamente interpretato da un cast quasi tutto al
femminile (i ruoli maschili sono ben poca cosa). Meritatissimo, a tal proposito, l’Oscar come miglior attrice non protagonista a Octavia Spencer.
Non
mi stancherò mai di ripetere che la condicio
sine qua non per la buona riuscita di un film è la qualità della storia da
raccontare, sia essa una sceneggiatura originale o, come in questo caso, un
adattamento cinematografico di un buon libro (che naturalmente, prima o poi,
dovrò leggere…).
Assolutamente
consigliata la visione, soprattutto ai buonisti benpensanti dell’ultima ora che
si riempiono la bocca a sproposito di parole come razzismo, discriminazione,
integrazione, bla bla bla…
Per
costoro ci vorrebbe un breve soggiorno indietro nel tempo, non troppo, solo 40
o 50 anni, nel sud del paese considerato il più civile, moderno e democratico
del mondo. Allora capirebbero il vero significato di questi termini.
“Il
coraggio, a volte, salta una generazione. Grazie per averlo riportato in
famiglia”
P.S.
La nota polemica è più forte di me, non so resistere… E’ come il prurito quando
hai le piattole!