Blog NEWS (13/05/17)

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martedì 29 novembre 2011

La fede in DIO, AIRBAG delle nostre coscienze

Due libri di recente lettura hanno riaperto vecchie ferite mai rimarginate.
Si tratta di Memoriale del convento” di José Saramago e La monaca” di Simonetta Agnello Hornby. Ambedue grandi affreschi storici, il primo nel Portogallo dominato dalla Santa Inquisizione di inizio Settecento; il secondo nel profondo meridione d’Italia la prima metà del 19° secolo.
In comune le due storie hanno, come è facile dedurre dai titoli, l’incombente ed oppressiva presenza della religione cattolica nei suoi aspetti peggiori. Con linguaggio bellico moderno, potremmo parlare di “arma di distruzione di massa”. Più che una fede intima e sublime, la religione rappresenta una presenza massiccia ed opprimente su tutti gli aspetti della vita pubblica e privata dei personaggi, senza limiti di tempo e di spazio, fino a stravolgerne il destino, siano essi poveracci, nobili, aristocratici, o addirittura teste coronate.
Tutte le fedi religiose, senza distinzione, hanno in comune l’esigenza di sostituirsi alla mente e all’anima delle persone. Ricordate il vecchio film di fantascenza degli anni ’50 “L’invasione degli ultracorpi”?
Tutti i ben oliati meccanismi di indottrinamento, catechesi, rituali, dogmi, scadenze e suddivisione del tempo in funzione di celebrazioni e ricorrenze, tutti hanno come unico scopo sostituire il nostro libero pensiero con un percorso prestabilito che ingabbia la nostra mente e pretende di proteggerla da malefiche influenze esterne. I rituali, fondamentali, ci assorbono l’intera giornata senza lasciare spazio  a demoniache ingerenze, pensieri impudichi, curiosità pericolose. Questo ci permette di delegare ad un essere trascendente, ma più spesso ai suoi ipocriti rappresentanti sulla terra, le nostre decisioni e le nostre scelte. Tutto è demandato alla volontà di Dio. Inshallah ! Bella scusa. 
Trincerati dietro questa secolare ipocrisia, tutto è permesso. Un Pater Ave Gloria e ogni nefandezza si purifica in un soave pentimento. L’anima si ripulisce e possiamo guardare il mondo con occhi limpidi, senza macchia. E ricominciare da capo...
Ormai questo intreccio di autoindulgenza e complicità reciproca porta sempre più a spostare il nostro baricentro morale verso un sano opportunismo: di fronte a scelte critiche non ci chiediamo più se è giusto o sbagliato, ma solo se ci conviene o non ci conviene.
La protagonista del libro della Agnello Hornby si ribella a tutto questo. Riesce con la forza di volontà, la perseveranza e l’aiuto di una fede pulita e sincera, a sottrarsi a questo ingranaggio infernale che la vorrebbe sepolta viva in un convento e, seppure con sofferenza, a vivere la sua vita...
Quanti di noi, e mi rivolgo principalmente ai ferventi cattolici, sanno fare altrettanto?
Io le mie scelte le ho fatte da tempo e nonostante l’invecchiamento, le esperienze spesso negative e le ferite di eterne battaglie, non posso che esserne fiero. D’altronde, diceva Ezra Pound: “Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le proprie idee, o non vale niente lui, o non valgono niente le sue idee.”.


domenica 6 novembre 2011

Il mio amico Kostas Charitos

Io e Kostas ci frequentiamo già da qualche anno. All’inizio, al primo approccio, ero un po’ scettico e diffidente, sia perchè il nostro incontro è stato piuttosto casuale, sia a causa del suo lavoro che, sulle prime, ispira sempre poca simpatia. Infatti Kostas di mestiere fa il commissario di polizia, come Montalbano insomma. Piano piano però, conoscendolo, si scoprono di lui gli aspetti più piacevoli. Stando in sua compagnia si ha sempre l’impressione di trovare un vecchio amico, un po’ brontolone, un po’ ingenuo, un po’ cinico e disincantato.

Anche lui, come noi, sempre alle prese coi problemi quotidiani; il traffico bestiale (che lo fa incazzare da morire!), lo stipendio miserevole, la vecchia auto da cambiare, i difficili rapporti coi superiori al lavoro e con la moglie a casa. Anche sua figlia Caterina lo fa dannare, ma alla fine prevale sempre l’affetto del padre e la sua predisposizione a viziarla e difenderla dalle ingerenze materne.
Mi piacciono particolarmente le sue battute ironiche e la sua aria di sopportazione nei momenti in cui diventa più difficile digerire i contrasti fra il suo vecchio mondo, che in fondo è anche il mio, e quest’intruglio volgare che cercano di rifilarci come il nuovo mondo, pieno di bellimbusti da televisione, politici arroganti ed incapaci, telefonini onnipresenti e iPad da spiaggia. A sottolineare questo eterno conflitto, ci si mette pure la sua strana passione per i vocabolari; quelli di carta, intendo. 
Questo carattere vecchio stampo è la sua peculiarità anche sul lavoro, ove, senza mai strafare, con modestia e perseveranza, ma anche con la convinzione delle proprie capacità, snoda pazientemente bandoli di matasse talora così complicate da scoraggiare chiunque. Quando ci incontriamo, mi racconta con piacere le sue avventure poliziesche, senza mai vantarsi o attribuirsi meriti particolari, anzi quasi con distacco, come se lui non fosse il protagonista, ma una semplice comparsa. Con tutta la presunzione che dilaga, questo fa di lui un eroe.


A proposito, quasi dimenticavo di dirvi che Kostas Charitos non è una persona reale, viva e vegeta, ma un personaggio di fantasia, creato dalla penna di Petros Markaris, sceneggiatore e romanziere greco non più giovanissimo (ma non come Camilleri!). Se volete fare la sua conoscenza, ve lo posso presentare.