Blog NEWS (13/05/17)

  • - The end of the game...
  • - Continua l'autunno: nuovo post.
  • - Nuove foto: autunno stagione magica!

domenica 7 dicembre 2014

Bogo bogonela, tira fora i corni...

Chiuso nel mio guscio di finte miserie, butto l'occhio dalle fessure sul mondo circostante e mi ritiro subito, spaventato. Qualcuno o qualcosa, talvolta, sempre più raramente, riesce ad aprire una breccia, a mostrarmi con disincantato candore come potrebbe essere la vita, vista con altri occhi.
Questo mi fa tornare alla mente il ritornello di una filastrocca che mi cantavano da bambino, osservando il comportamento delle lumache (ovvero chiocciole, quelle con la conchiglia), che dalle nostre parti vengono chiamate "bogoni": "Bogo bogonela, tira fora i corni..." 
Esci dal tuo guscio e guardami! Sono qua, sono vivo, non aver paura!

“Ogni desiderio che la mano non afferra è soltanto un sogno.”

Questa volta il ruolo di guida spirituale spetta a Daniel Pennac, indimenticato autore di quei magnifici racconti di realtà parallela e surreale dedicati al personaggio di Benjamin Malaussène e alla sua variegata e numerosissima famiglia, da sempre fra i miei preferiti.
È un piacere che sa di antico sfogliare ancora una volta le pagine, ancorché digitali, di un suo libro (Storia di un corpo), conoscere i suoi personaggi e addentrarsi nelle loro vite, così apparentemente naturali e comuni da sembrare quasi normali, anche se in realtà nel corso della lettura appare evidente quanto sia vero il contrario, particolarmente nel mio caso.

“Quel che più mi rattrista della specie umana non è tanto che passi il tempo a uccidersi, quanto che poi sopravviva.”

La storia narrata dal protagonista, a mo' di diario, attraverso le tappe delle sue percezioni prettamente fisiche e corporali ci porta a spasso con coraggioso realismo attraverso tutte le fasi della vita, dall'infanzia all'età adulta, fino alla vecchiaia e alla morte, soffermandosi ogni due passi a raccontare aneddoti ed episodi con voce pacata e ironico buon senso.

“Qualche giorno prima della morte di Tijo, ho telefonato a J.C., il suo “migliore amico” (sul piano dell’amicizia Tijo funzionava con categorie giovanili). Il migliore amico mi ha risposto che non sarebbe andato a trovare Tijo in ospedale; preferiva conservare di lui l’immagine di una “vitalità indistruttibile”. Delicatezza disgustosa, che abbandona un uomo alla propria agonia. Odio gli amici in spirito. Mi piacciono solo gli amici in carne e ossa.”

Ci conduce a girovagare, con apparente noncuranza, negli anfratti della natura umana, a seguire le sue evoluzioni fra le circonvoluzioni della nostra psiche, mantenendo inalterata la leggerezza e la sottile onnipresente ironia con cui affronta gli aspetti più delicati, più intimi, più  controversi della nostra vita, con cui si addentra dolcemente e pudicamente nella giungla dei sentimenti, dei rapporti fra i sessi e di quelli intergenerazionali.

“Un adolescente, quell’essere informe che esce dall’infanzia tirandosi per il pisello.”

Ci prende per mano e ci accompagna passo passo nei vicoli bui della nostra quotidianità; i piaceri evocati dai nostri cinque sensi, lo studio meticoloso della nostra corporale umanità, l'elementare essenzialità del sesso, gli stupidi cliché e le inevitabili ipocrisie che accompagnano gli eventi e i passaggi fondamentali della nostra esistenza fisica.

“Sei così educato che se il tuo culo potesse parlare direbbe “prot”.”

“L'ano, sezionando lo stronzo, svolge la funzione di un tagliasigari. E il volto, in entrambe le circostanze, mostra la medesima espressione concentrata.”



Grazie, caro Pennac, leggerti è stato come restare affacciato ad una finestra aperta sul cortile di un'altra vita, solo apparentemente e biologicamente simile alla mia, ma in realtà così diversa, così lontana, così irraggiungibile...

Beh, ora si è fatto tardi, vi saluto, devo rientrare nel mio guscio. 

Bogo bogonela...









domenica 26 ottobre 2014

Il futuro del CINEMA? ...È la TV!

Negli ultimissimi anni abbiamo assistito ad un proliferare di produzioni televisive di altissimo livello, nella quasi totalità dei casi di provenienza statunitense, unico paese al mondo in grado di supportare budget, organizzazione e tecnologia a tali standard di qualità.
Dai suoi esordi, la produzione di serie televisive da parte dei grandi Network ha fatto passi da gigante.

Proviamo ad abbozzare un piccolo elenco in ordine cronologico, naturalmente influenzato dai miei gusti personali e, perché no, anche dai miei ricordi infantili e adolescenziali.

Perry Mason (dal 1957);
Ai confini della realtà (The twiligth zone, dal 1959, tra gli sceneggiatori anche Ray Bradbury);
Colombo (dal 1968);
Le strade di San Francisco (dal 1972, con la futura stella Michael Douglas);
Spazio 1999,  Il tenente Kojak (dal 1973);
Happy Days (dal 1974);
Starsky & Hutch (dal 1975);
Miami Vice (dal 1984);
Law & Order (dal 1990);
X-Files (dal 1993);
E.R. Medici in prima linea (scritta da Michael Crichton e prodotta da Steven Spielberg, dal 1994);
CSI - Scena del crimine (dal 2000);
Alias (dal 2001), Lost (dal 2004), Fringe (dal 2008) tutte frutto del genio di J.J. Abrams.


Da questo momento in poi, un ulteriore salto di qualità ha partorito prodotti esemplari nel loro genere, come The Walking Dead in ambito fantasy-horror, Spartacus in ambito storico (clonato sulla tecnologia del film 300), Falling Skies e Revolution in ambito fantascientifico, Person of Interest, Dexter, the Mentalist, Criminal Minds, solo per citarne alcuni, in ambito poliziesco-thriller, per non dimenticare il pluripremiato Breaking Bad, collocato in un contesto drammatico-sociale estremamente unico e particolare.


Ora, a seguito di questa recente escalation di successo/qualità, un numero sempre maggiore di star hollywoodiane di grosso calibro si lascia tentare da produzioni televisive ad alto budget; attori innanzitutto, ma, in continuo aumento, anche registi, sceneggiatori e produttori. Ne rappresenta un esempio illustre il recentissimo The Knick, ancora inedito in Italia, che vanta la partecipazione di Clive Owen e la regia di Steven Soderbergh.

Negli ultimi tempi invece, anche nel nostro retrivo paese, abbiamo potuto apprezzare Kevin Spacey in House of Cards o Sean Bean In Games of Thrones, James Spader in The Blacklist o Mireille Enos in The Killing, Joe Mantegna in Criminal Minds o Kevin Bacon in The Following, per non parlare della splendida accoppiata Matthew McConaughey+Woody Harrelson in True Detective.

Sceneggiature ben scritte, trame sempre più avvincenti, location intriganti, montaggio e regia sempre in cerca di nuove e stimolanti soluzioni, ben supportati da una tecnologia HD e una computer grafica avanzatissime, in linea con i blockbuster più recenti in testa ai box office di mezzo mondo.

Questo il segreto del successo in una nuova era dell'intrattenimento televisivo.
Ricordate i vecchi "sceneggiati" della RAI? La freccia nera, Il commissario Maigret, A come Andromeda, la Cittadella, Il tenente Sheridan...?
Ora vogliamo forse contrastare lo strapotere d'oltreoceano con Don Matteo o Che Dio ci aiuti?
Ecco, appunto, che Dio ci aiuti, perché altrimenti...






martedì 7 ottobre 2014

Senza titolo n.2






Il sistema più efficace per rendere inoffensivi i poveri è insegnare loro a imitare i ricchi.”



Carlos Ruiz Zafòn – L’ombra del vento






domenica 7 settembre 2014

L'isola che non c'è... Forse c'è

Aspra, brulla, selvaggia, bruciata dal sole dell'Egeo e a periodi sferzata dal Meltemi, incastonata nell'arcipelago delle Cicladi Meridionali, l'isola di Folègandros, pur apparentemente inospitale, nasconde un sorprendente segreto.

È l'isola del silenzio.
Nessun locale notturno, nessun bar fracassone, nessuna spiaggia attrezzata, né beach bar che sparano musiche demenziali ad alto volume, né tantomeno villaggi turistici all-inclusive con animazione a tutte le ore.
Poco traffico, perlopiù dovuto ad auto e moto noleggiate dai turisti, attraverso un'unica strada, che serpeggia lungo la dorsale dell'isola per circa una dozzina di chilometri.
Pace e silenzio ovunque, o quasi. 

Alla consegna del silenzio si sono adattati perfino i turisti (tanti!) e -udite udite!- addirittura, così è sembrato a me,  quelli italiani (troppi!).
La rispettano con notevole costanza perfino i bambini e i cani (più affidabili i secondi...). 
E stranamente anche le suonerie dei cellulari.

Va detto, per amor di precisione, che non ho frequentato il capoluogo Chora nelle ore serali e notturne (non sono mai stato un nottambulo, tantomeno in ferie...), quindi non posso affermare con assoluta certezza che questa consegna sia rispettata anche in tale frangente, ma da quel che ho potuto notare, il più gettonato passatempo sembra essere quello di poltrire sulle sedie dei bar e delle taverne a tutte le ore, a bere, leggere, chiacchierare a bassa voce o semplicemente ammazzare il tempo, spesso in silenzio, ognuno per sé, davanti allo schermo del tablet o dello smartphone.
L'unica eccezione è rappresentata dagli anziani del luogo, che si animano durante interminabili partite di backgammon, il tradizionale gioco che da queste parti equivale alla briscola o al tressette delle nostre vecchie osterie di campagna.

Le spiagge migliori sono le più difficili da raggiungere; o a piedi, per i più coraggiosi, o in barca. E tutte rigorosamente vergini, assolate e desertiche. A parte la zona del porto, rare anche le classiche taverne sul mare. 
Quindi, una volta conquistato il difficile obiettivo, il turista soddisfatto se lo gode in religioso silenzio. Naturalmente, la straordinaria bellezza e qualità del mare ripagano ogni sforzo.

Passeggiando la sera lungo il porto, l'unico rumore proviene dalla risacca della spiaggia. Non uno scroscio di risa o un vociare improvviso traboccano dalle terrazze delle taverne. Tutti parlottano sommessamente e assaporano l'atmosfera d'altri tempi che pervade il luogo.
La pace è rotta solo occasionalmente dalla sirena del traghetto, che avvisa del suo arrivo o della sua partenza. Così come il traffico del porto, in occasione del transito dei traghetti, rappresenta l'unico momento di momentanea confusione. 

Unica nota dolente, l'asprezza del territorio va di pari passo con quella della popolazione. Raramente il popolo greco si è dimostrato così poco ospitale e affabile come su quest'isola. 
Anche se ormai, purtroppo, di veri greci autoctoni che lavorano in ambito turistico ne sono rimasti decisamente ben pochi.
Forse la difficoltà di adattare il proprio antico ritmo di vita mediterraneo alle esigenze del turismo moderno e alle pressioni del dio denaro è all'origine della rudezza con cui l'isola e i suoi abitanti affrontano questo rapporto conflittuale. 
Finora bisogna dire che ambedue, isola e abitanti, sono riusciti a mantenere sufficientemente intatta e protetta la propria integrità geografica e culturale.

Il silenzio e la quiete rappresentano la cornice ideale di questo paesaggio dimenticato dal tempo.







sabato 2 agosto 2014

Sogno o son desto?

Una sera come tante, squilla il telefono. Con piacevole sorpresa, sento la voce di un caro vecchio  amico che avevo perso di vista da qualche tempo. Mi invita all'inaugurazione di una sua strana creazione, un sogno coltivato e realizzato negli ultimi anni: una sala musica personale, utilizzabile come sala prove, piccola sala da concerti, per proiezioni video, film e chi più ne ha più ne metta. Ha approfittato dell'occasione, mi dice, per sistemare bene la casa e il giardino, prima poco utilizzato, e vuole festeggiare l'evento come si deve.
Resto incuriosito e sorpreso, ma non meravigliato più di tanto: conosco il personaggio.

La sera convenuta, mi presento, pronto a soddisfare le mie curiosità, sentendomi molto coinvolto dalla passione e dagli interessi musicali che abbiamo sempre avuto in comune.

Mi si offre alla vista, immersa in un bellissimo e curatissimo giardino moderno, con gazebo, tavolini, divanetti e comodità varie, una struttura incredibile, una vera e propria dependance della villa, ad essa collegata con terrazza panoramica, disposta su due piani, di cui uno, a guisa di seminterrato, per ampliare il più possibile la cubatura del locale, strutturato totalmente come sala musica, completamente insonorizzata e attrezzata, con palco, strumenti, amplificazione, impianto luci, consolle di missaggio e ogni altro ben di dio possibile.

Per chi, come me, ama questo genere di cose, una visione paradisiaca.
Una piccola luce di intimo piacere illumina il mio animo, gettando un imprevisto chiarore in una fase della mia vita decisamente poco luminosa e ottimista.

Il piacere aumenta quando il locale viene inaugurato e messo alla prova da vari gruppi musicali, differenti per genere proposto e impatto sonoro; dallo swing, al jazz, al mariachi, al country, al rock. Una insonorizzazione impressionante permette, a porte chiuse, di non percepire neppure il picchiare della grancassa a pochi metri di distanza. Da non credere!

Anche se nella sala musica si sta esibendo un gruppo rock a 120db, il party nel giardino circostante prosegue indisturbato, fra cibi prelibati e ottimi vini, con un sommesso chiacchiericcio e un piacevole scambio di ricordi e battute fra vecchi amici ritrovati e vecchi compagni d'avventure.

Alla fine, ho la netta sensazione di aver fatto parte di qualcosa di veramente speciale, un evento e un'occasione fuori dal comune, forse unici nel loro genere in queste parti d'Italia e soprattutto in questo periodo di sconforto e disorientamento.

Anche se sicuramente è stato a lungo argomento privilegiato fra gli ospiti propensi al pettegolezzo, il lato economico del progetto, in questa sede, non mi interessa e non mi riguarda. 
Voglio invece spezzare una lancia a favore di chi utilizza il proprio denaro (diritto inalienabile) per godere, diffondere e condividere, novello Mecenate, la propria passione musicale e artistica, specialmente e a maggior ragione, in periodi tristi come questo.

Sarò sempre grato quindi all'amico che mi ha coinvolto, e lo sarò ancor di più se vedrò svilupparsi nel tempo altre iniziative musicali, incontri, proiezioni di film, jam-session a cui potrò dare il mio misero ma appassionato contributo.


P.S.: Le immagini che accompagnano il post sono tratte dal web e NON corrispondono al luogo descritto.



sabato 5 luglio 2014

IMPARA L'ARTE... (anche solo in parte)

Se si ha la fortuna di trascorrere alcuni giorni a Londra sotto un cielo sereno e luminoso, passeggiando rilassati alla tiepida brezza di fine primavera, fra viali, palazzi imponenti e magnifici parchi, si è poco propensi a chiudersi in qualche museo, anche se la città in questione rappresenta un best of in questo campo e la scelta proprio non manca.
Per fortuna, dipende dai punti di vista, un brusco cambiamento climatico con un tipico acquazzone londinese, riparati alla bell'e meglio sotto le volte del Covent Garden, ci ha costretti ad una rapida scelta.
Quattro salti fra le pozzanghere verso Trafalgar Square ed eccoci alla National Gallery.


La coraggiosa scelta dell'amministrazione cittadina di rendere gratuito l'ingresso in questi templi dell'arte e della cultura, cozza purtroppo con la limitata intelligenza dei fruitori, spesso rumorosi perditempo, o estemporanei gruppi familiari con bambini quasi in fasce, notoriamente in grado di apprezzare in religioso silenzio le finezze di un Velazquez o di un Vermeer.
A parte la mia solita ed inevitabile vena polemica, ho avuto l'ennesima conferma di quanto, almeno a me, l'invecchiamento giovi alla comprensione e predisposizione artistica. Pur trascurando, per necessità di tempo e gusti personali, alcune sale traboccanti di capolavori italiani del primo Rinascimento, mi sono riempito gli occhi con Caravaggio, Rubens, Rembrandt, Velazquez, Vermeer, Monet, Seurat, Van Gogh, Cezanne, e via discorrendo.

Purtroppo, la necessità di improvvisare e di vedere il più possibile in un tempo limitato, patologia tipica del turista medio, ci ha costretti a salti spazio-temporali degni di Star Trek. 
Non si può liquidare un tempio dell'arte come la National Gallery in poche ore, ma tant'è. Inoltre, valga come banale scusante, fuori era tornato il sole e ci aspettava un bel pomeriggio a spasso per Soho.
Ma le sorprese artistiche non erano finite (e come sarebbe possibile, a Londra!).
Nel corso di un'altra inattesa giornata di sole, ci siamo ritrovati a sgranare gli occhi di fronte a quella magnifica parte della Royal Collection custodita nel castello di Windsor. 
Dai ritratti di Van Dyck alla Strage degli innocenti di Bruegel il Vecchio, dagli arazzi ai soffitti intarsiati, dai mobili ai soprammobili, dalle armature alle collezioni di sciabole e moschetti, fino alla impareggiabile casa delle bambole, donata da Giorgio V alla principessa Maria d'Inghilterra nel 1924.




















Nel tentativo piuttosto ridicolo di emulare questi vecchi barbagianni di casa reale, ho voluto togliermi lo sfizio di spulciare nei vecchi negozietti d'antiquariato, arte varia e stampe antiche di Portobello Road, fino a trovare qualcosa di carino, e adeguato al mio portafoglio, da appendere alla parete della mia sala. 
Inutile dire che non era un Bruegel o un Vermeer...




sabato 31 maggio 2014

Amico, amico fragile...

Da alcuni anni faccio indiscutibilmente parte, senza particolari rimorsi, della eletta schiera dei misantropi, asociali e pessimisti cronici.
Fra i tanti, troppi perché, ve ne basti uno: sono molto, ma molto preoccupato della deriva ipocritamente ottimista e falso-buonista che sta prendendo piede nel nostro paese, leader mondiale nell'esibizione dei buoni sentimenti.

La formula di saluto più in voga del momento è "Ciao, tutto bene?". Domanda retorica e ipocrita da cui ci si attende solo una risposta positiva e tranquillizzante, visto che in realtà nella maggioranza dei casi non ci importa una sega del nostro occasionale interlocutore.
Tutto bene un cazzo! 
Vi pare che in questo periodo storico si possa ragionevolmente associare il pronome tutto all'avverbio bene?
Già siamo fortunati se non ci becchiamo il cancro o non perdiamo il lavoro (o tutt'e due le cose insieme...); se non siamo travolti da una frana o presi a picconate per strada; quanto al resto lasciamo perdere... Ma tutto bene proprio no!

Non passa sera in cui, assistendo in TV o al cinema ad una storia più o meno drammatica, qualcuno dei protagonisti, nel bel mezzo di una immane catastrofe, non dica la famosa frase "Vedrai, andrà tutto bene!". E gli spettatori, a bocca aperta, se la bevono come acqua di sorgente.
La cosa più triste è che poi, tornando nella vita reale, la riciclano alla prima occasione utile che si presenta: "sai, domani mi operano per un tumore al cervello." "Non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene!".
E così anche la nostra coscienza è a posto.




"Noi sappiamo sempre trovare un sofisma da mettere in bocca alla coscienza che abbaia…”

Emilio De Marchi - “Il cappello del prete"




La diffusione esplosiva e incontenibile dell'epidemia di comunicazione globale, supportata dalla altrettanto grande e rapidissima diffusione di accessori tecnologici in molti casi del tutto superflui, vedi smartphone, tablet e notebook sempre più veloci e meno ingombranti, capaci di connettersi rapidamente dovunque con chiunque e condividere notizie spesso inutili tramite socialnetwork, chat, forum, blog ecc., ha indotto il genere umano a cedere ad una facile, falsa e pericolosa ansia di socializzazione a tutti i costi.
Sull'onda di questo entusiasmo infantile indotto dalla tecnologia alla portata di tutti (ma proprio tutti!) e dalla pandemica divulgazione dell'uso del "tu" in occasione di qualunque contatto umano, indipendentemente da età, livello di familiarità, status sociale, ecc., la parola "amicizia" ha subito una pericolosissima ed imprevedibile metamorfosi.
Lo stesso uso massiccio e ambiguo che se ne fa in spot pubblicitari, reality show e format televisivi demenziali, ha portato ad una tale banalizzazione e massificazione del concetto da lasciare molto perplessi i pochi, come me, ancora affezionati al vecchio detto di Benjamin Franklin:
"Sii educato con tutti; socievole con molti; intimo con pochi; amico con uno soltanto.”

La vera amicizia è un sentimento troppo nobile per essere dato in pasto ai cannibali di Facebook e agli animatori dei villaggi turistici all-inclusive; per diventare un articolo di consumo usa e getta.
Va usato con parsimonia, come il disprezzo.
Non bastano quattro messaggini con Whatsapp e due "cinguettii" su Twitter, qualche giorno a sparare banalità col vicino di ombrellone o una pizza da asporto coi nuovi vicini di casa, tanto per riempire la serata domenicale...
Serve una vita. E talvolta non basta.
Servono cervelli che ragionano e cuori che palpitano.
Serve sofferenza condivisa, serve sacrificio. 
Serve il calore di uno sguardo e una mano sulla spalla che ti conforta nel momento del dolore e del bisogno, non il riflesso dei tuoi occhi umidi di pianto sul display dell'iPhone.

"Come ti senti amico, amico fragile,
Se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te" 
Fabrizio de André.





“Per molti uomini l’amicizia consiste nel praticare insieme qualche sport, nel parlare di lavoro, nel prendere una birra al bar e arrivederci fino al giorno dopo. Possono passare anni e anni senza che dubitino di essere uniti da una grande amicizia.”
Alicia Giménez-Bartlett.




giovedì 22 maggio 2014

OPEN... your mind

Ogni forma vivente, per sopravvivere, ha bisogno di nutrimento, di luce, di stimoli vitali, di sollecitazioni, di soddisfare bisogni e di raggiungere traguardi...
La nostra vita stessa, in primis, necessita di tutto questo; poi, con essa, le nostre attività, principalmente il lavoro, se abbiamo la fortuna (?) di averlo ancora, ma anche tutte le altre ritenute secondarie, fino alla più banale e insignificante. In pratica, qualunque attività della nostra mente funziona così.
Se vengono a mancare questi elementi nutritivi e stimolanti, la nostra creatura si inaridisce e muore, non ci sono santi. 
Il giardino delle nostre idee diventa, col tempo, un arido deserto di pietre e sabbia.
Tutto ciò vale anche per questo piccolo blog.
Se ormai per la mia professione ho già da tempo recitato il De Profundis, e non nutro certo speranze che, nel contesto in cui mi trovo, possa rinascere dalle proprie ceneri come novella Fenice, non vorrei col tempo dover fare lo stesso con questa mia piacevole isola virtuale, piccolo ma solido approdo per un naufrago alla deriva.

Detto questo, riprendiamo fiato e procediamo.



Dopo un breve periodo di abulia, navigando in rete (non quella dei pescatori, somari!) da un link all'altro, mi sono imbattuto in un bellissimo sito di informazione musicale: Open (http://www.opento.it/index.htm).
La splendida veste grafica della homepage mi ha subito piacevolmente impressionato: semplice, immediata, ordinata, con icone "simboliche" di riferimento alla varie sezioni e poche immagini ben organizzate. Nulla di dispersivo, tutto chiaro ed immediato (io odio i siti caotici, sovraffollati e pieni di finestre, foto, video, ecc). Oltre ai contenuti, decisamente interessanti, di cui parlerò fra breve, risulta stimolante l'opzione di iscriversi con pochi passaggi alla newsletter OPEN Magazine che ci tiene regolarmente aggiornati  via mail sulle novità del sito, nuovi articoli, recensioni discografiche, eventi, concerti e altro ancora.

Proprio consultando la pagina delle recensioni, ho avuto modo di fare la conoscenza con due realtà artistiche totalmente italiane, una volta tanto: il sestetto romano Ingranaggi della Valle, al loro debutto discografico con "In Hoc Signo", e Fabio Zuffanti, elemento ben noto nell'ambiente progressive internazionale, col suo ultimo concept CD "La quarta Vittima".

Rimandando, per chi fosse interessato, alle recensioni originali, mi limito a dire che i primi ascolti mi  hanno lasciato una impressione molto favorevole, riportandomi a vecchie atmosfere anni '70, anche se piacevolmente contaminate da inevitabili spifferi di modernità e ricerca musicale.
Navigando fra le varie sezioni in cui è suddiviso il sito, ho molto apprezzato quella dedicata alla rivalutazione di album over 40, capolavori a cavallo fra gli anni '60 e '70, e quella, intitolata Rewind, dedicata a ristampe e riedizioni di album di indubbio valore, ma pubblicati non troppo recentemente, talora ben noti anche al vasto pubblico, talaltra piccole e preziose chicche da aggiungere al nostro modesto bagaglio musicale.
Tutto ormai facilmente fruibile in streaming on line dai siti dedicati, almeno per un veloce assaggio, e scaricabile, dietro pagamento di cifre spesso modeste, in formato digitale compresso mp3/320, o meglio, in formati lossless Flac/ALAC/AAC, talvolta anche disponibili nella versione alta qualità a 24bit.
Uff...!
Giro la testa nel mio studio a guardare con affetto la mia storica collezione di CD/LP e il mio non così decrepito impianto Hi-fi. Anzi, negli anni recenti ne ho anche migliorato la qualità, sostituendo, per rottura o vetustà, sia amplificatore che lettore CD. Il pezzo più vecchio, a cui non rinuncerò mai, è un buon giradischi Ariston QDeck del 1990, negli ultimi anni quasi mai utilizzato. Lo accendo solo di tanto in tanto per accertarmi che continui a funzionare.
Che tristezza, che nostalgia...

Ora uso assai più spesso il mio nuovo micro DAC (convertitore analogico-digitale) USB Audioquest DragonFly, collegato al Mac, da cui, con una buona cuffia in-ear e l'interfaccia di un buon software (Audirvana Plus), posso ascoltare alla massima qualità possibile la musica liquida immagazzinata nell'hard disk.
Notare la profusione di vocaboli tecnici, acronimi, inglesismi...

Così l'hanno chiamata: musica liquida. In quanto non vincolata a supporti solidi... Sic!

A quando anche il nostro pensiero diventerà "liquido", in quanto non più vincolato a supporto solido, alias cervello?




domenica 27 aprile 2014

Senza titolo...




"Dio ci ha dato due orecchie ed una sola bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà."


Epitteto

(Hierapolis, 50-55 d.C. - Nicopoli d'Epiro, 120-130 d.C.)








sabato 5 aprile 2014

I conti col proprio passato non tornano mai...

In un vecchio post del novembre 2012, ho brevemente accennato, inserendolo nella mia personale classifica degli ultimi anni, al film del regista iraniano Asghar Farhadi "Una separazione", Oscar 2012 come miglior film straniero.
Un ritratto realistico e coinvolgente della vita di una coppia in crisi nell'Iran dei giorni nostri. 

Dello stesso autore e regista, è recentemente uscita nelle sale l'ultima opera, altrettanto meritevole di considerazione: "Il passato".
Anche se questa volta la storia è ambientata nella occidentale e multietnica Francia, al centro vi è sempre la complicata esistenza quotidiana di una famiglia moderna, quella che un orrido eufemismo chiama "famiglia allargata". Questo nucleo molto precario è composto da una madre instabile ed insoddisfatta, due figlie avute da una relazione precedente, di cui una adolescente in piena crisi di accettazione e travolta dai sensi di colpa (non voglio anticiparne i motivi...), e un nuovo compagno, malmostoso e indisponente, con figlio di pochi anni a rimorchio, ma ancora legato alla moglie, da tempo degente in ospedale, in coma per tentato suicidio... 

Manca qualcosa? Ah, sì, eccome. 
La visita programmata da tempo di un secondo marito della donna (...e vai!), separato e residente a Teheran, ritornato in Francia solo per espletare le pratiche di divorzio, il quale, travolto e coinvolto suo malgrado nel turbine di conflitti, sentimenti, rivalse e segreti sepolti di questo agglomerato umano pronto ad esplodere come una bomba innescata, funge da involontario detonatore, pur animato da una buona fede encomiabile, anche se un po' troppo ingenua e buonista.
In tutto questo papocchio, che il regista riesce a rendere magistralmente, mantenendo un distaccato equilibrio fra scene corali e sentimenti personali, tratteggiati con partecipazione ma evitando accuratamente di emettere sentenze, lo spettatore viene disturbato, ritengo a bella posta, dalla costante esibizione di egoismo dei protagonisti adulti, ciascuno pervicacemente abbarbicato ai suoi desideri, ai suoi sogni infranti e alle sue priorità, efficacemente contrapposto agli sguardi e alle intime sofferenze dei figli, sballottati come fagotti da una verità all'altra, da una casa all'altra, da un affetto all'altro. Sono loro, credo, alla fine, i veri eroi inconsapevoli di questa storia.
Si esce dal cinema con un senso di fastidio, forse anche di rabbia, verso l'evidente incapacità dimostrata da questi nuovi adulti di fermarsi a riflettere e di saper controllare i propri sentimenti, le proprie pulsioni. Sembra che per loro la soluzione di tutti i problemi, delle frustrazioni e sofferenze, sia quella di saltare da un letto all'altro senza un minimo di temperanza e sotto gli sguardi interrogativi e rassegnati dei figli, già incoscientemente coinvolti nel caos del mondo e delle loro esistenze.
La capacità di disegnare questo mosaico di vita mettendo a fuoco contemporaneamente tutti i tasselli con estrema lucidità e crudo realismo, senza falsa pietà e senza troppa indulgenza, rappresenta il pregio più evidente di questo grande film.
Consigliato ad un pubblico esigente e consapevole.




sabato 1 marzo 2014

La Storia siamo noi...

Che io non nutra particolari simpatie per i bambini è ormai cosa ben nota a chi mi conosce. Anche se si rende necessaria una precisazione importante: quelli che non mi piacciono sono i bambini di oggi. 
Piccoli dittatorucoli onnipotenti e intoccabili, protetti da ogni bava di vento come preziose cristallerie, ai quali, ormai per regio decreto e divino comandamento psico-pedagogico, è vietato imporre qualsiasi regola o trasmettere qualsiasi norma educativa e di civile convivenza, sia che provenga dalla famiglia, dalla scuola o dallo stesso consesso civile. 
Già questi, nel loro complesso, pessimi maestri.
Ma, strano a dirsi, ultimamente ho conosciuto un bambinetto di pochi anni che mi ha entusiasmato.
Il suo nome è Useppe. Proprio così; una storpiatura infantile di Giuseppe che gli è rimasta appiccicata per tutta la via.
Un piccolo cucciolo d'uomo sfortunato, nato negli anni della guerra in una povera borgata romana, da una sprovveduta maestrina, vedova e psicolabile, frutto della violenza improvvisata e infantile di un soldato tedesco di passaggio. Un ometto a cui la natura, o per chi ci vuol credere, un Dio sadico e capriccioso, come per compensarlo inizialmente di tanta sfortuna e miseria, ha dato in dote un carattere meraviglioso, allegro, spensierato, giocoso, sempre ottimista e una intelligenza vivacissima, per poi punirlo di tale immeritata buona sorte privandolo di tutto questo, uccidendo l'amato fratello Ninuzzo e lasciandolo marchiato e condannato a breve vita da una grave malattia invalidante.
Unica compagna, amica, nume tutelare, la cagna Bella, rimastagli in eredità dopo la morte del fratello, con la quale intreccerà un rapporto speciale.

I primi, e unici, anni di vita di Useppe ci vengono magistralmente narrati da Elsa Morante nel suo famoso romanzo "La Storia". Le espressioni, gli ammiccamenti, i gesti, i dialoghi storpiati con cui la Morante tratteggia il personaggio di Useppe nel corso della lunga narrazione, la descrizione minuziosa e poetica delle sue scorribande con Bella attraverso la Roma del dopoguerra, il rapporto quasi sovrannaturale che si instaura fra il bimbo e il suo cane, rappresentano, a mio parere, uno dei maggiori vertici della letteratura italiana del '900.

Rivolgo il mio pensiero affettuoso a questo bambino splendido e sfortunato e davanti ai miei occhi scorre, come un vecchio film in bianco e nero alla moviola, la curva discendente percorsa da questa umanità negli ultimi decenni, ben visibile nella decadenza e involuzione civile e morale, nell'ingiustificata arroganza, nel cinismo sprezzante e nell'egoismo dei nostri figli, spesso ereditato dai padri ...




Abbiamo davvero bisogno di un'altra guerra apocalittica per rinascere?






sabato 15 febbraio 2014

VIVA LIVE!

Il fascino dell'incisione live non si è mai offuscato.
Fra le novità discografiche degli ultimi mesi devo segnalarne almeno quattro di altissimo livello, tratte da altrettanto memorabili concerti dal vivo di musicisti più o meno famosi.

  1. Discipline - This One's For England
  2. Anathema - Universal
  3. Jaga Jazzist - Live With Britten Sinfonia
  4. Steve Hackett - Genesis Revisited: Live At Hammersmith

I primi due gruppi sono grandi protagonisti del neo-progressive contemporaneo dai primi anni '90, con una discografia costellata da indiscussi capolavori, decisamente più corposa nel caso degli Anathema (in particolare, da Alternative 4 in poi) rispetto a quella più scarna, ma qualitativamente eccelsa (ascoltare in merito To Shatter All Accord...), dei Discipline.
Da segnalare che il lavoro degli Anathema, 2 CD + DVD, è un vero e proprio Concert Film, immortalato in una location spettacolare come l'Anfiteatro Romano di Filippopoli (oggi Plovdiv) in Bulgaria, durante il “Weather Systems Tour” del 2012.

Pochi conosceranno invece i Jaga Jazzist, una alternative jazz band norvegese, molto aperta alla sperimentazione e a contaminazioni elettroniche e pop-rock. In questo lavoro dal vivo, registrato nel settembre 2012 al Rockefeller di Oslo, si affiancano ad un affiatato ensemble orchestrale inglese di impostazione classica, I Britten Sinfonia. Il risultato di tale integrazione è senza dubbio affascinante.



L'ultimo nome della lista, “Last but not least”, non necessita certo di presentazioni.

Chitarrista storico e pilastro insostituibile dei Genesis dopo l'abbandono di Anthony Phillips, Steve Hackett, nella sua lunghissima carriera e sterminata discografia ha dato prova di doti tecniche e compositive eccelse. In più riprese si è cimentato nel riprendere e riarrangiare il materiale storico dei Genesis, a cui è rimasto molto legato, almeno quello inciso fino alla sua dipartita nel 1977, dopo il doppio dal vivo Seconds Out (altro capolavoro!).
Genesis Revisited I (1996) e II (2012) hanno avuto la loro magica consacrazione dal vivo in questo stupendo Live At Hammersmith, venduto in cofanetto comprendente tre CD e due DVD, uno dei quali dedicato alla registrazione dell'intero concerto tenuto il 10 maggio 2013 nel famoso teatro londinese; oltre 2 ore e 40 di grande musica.







sabato 1 febbraio 2014

Se solo bastasse una canzone...

Eugenio Finardi: Come Savonarola (dal nuovo CD "Fibrillante").



So che ti faccio soffrire 
con le mie facce scure 
e la mia negatività 
ma devo solo ritrovare 
un nuovo modo di lottare 
per la nostra dignità 
e una vita che sia umana 
più libera e più sana 
di giustizia e verità 
guarda i nostri figli spenti 
dal vuoto che han davanti 
senza possibilità 

Urlo alla Luna e al Sole 
le mie inutili parole 
che nessuno sta a ascoltare 
e allora ho voglia di bruciare 
gridando a squarciagola 
come Savonarola





venerdì 17 gennaio 2014

Un viaggio nel profondo dell'anima sul treno di notte per Lisbona

Un libro tutt'altro che perfetto, ma dal fascino imprescindibile. Precipitato dal cosmo letterario come una meteora improvvisa nel momento ideale di una vita imperfetta, oppressa da interrogativi senza risposta e dal peso di un'anima lacerata in piena crisi d'identità. 

Sgombriamo il campo dagli equivoci ed elenchiamo subito i suoi evidenti limiti tematici e compositivi: troppo lungo, in molti punti troppo autocompiacente e avvitato su sé stesso, in qualche occasione troppo prolisso nelle lunghe e ricorrenti  dissertazioni filosofiche che ne rappresentano d'altronde l'asse portante (ricordiamo che l'autore è un filosofo...). I temi esistenziali trattati negli excursus attribuiti al personaggio di Amadeu non sono sempre all'altezza delle premesse e si infrangono talvolta in un mero esibizionismo intellettuale, comunque di piacevole lettura.
La città di Lisbona, meravigliosa nelle sue atmosfere senza tempo, usata come palcoscenico idealizzato che ne risalta solo gli aspetti poetici e affascinanti. Non nego che la scelta della location, a me particolarmente cara, abbia influito notevolmente sulla decisione di affrontare questo libro.

Qualche personaggio sopra le righe; in primis la sorella Adriana, affetta da un amore morboso e patologico per il fratello.
Le prime pagine della storia, dall'ipotetico suicidio sventato della ragazza portoghese al casuale ritrovamento del libercolo di Amadeu de Prado, fino all'effetto dirompente da esso esercitato sul patetico professor Gregorius, risultano decisamente poco credibili.
Quasi ridicoli appaiono talvolta i contorsionismi funambolici del povero professore di lingue morte che passa da una vita insignificante, ripetitiva, anonima dedita solo allo studio e all'insegnamento, ad una vita schizofrenica fatta di notti insonni, spostamenti improvvisi a qualunque ora del giorno o della notte e su qualunque mezzo di trasporto, incontri inaspettati, donne misteriose, segreti mai svelati, corse trafelate... Insomma una specie di Indiana Jones alla ricerca dell'anima perduta.

Ma se ci si lascia trasportare senza troppe remore nel viaggio improbabile del professor Gregorius verso i misteri della vita propria e altrui, nei meandri misteriosi dell'animo umano, nei drammatici e appena un po' patinati eventi storici dell'ultimo secolo, nelle imprevedibili occasioni che la vita ci offre se abbiamo il coraggio di montare sul treno giusto al momento giusto, allora il libro di Pascal Mercier ci scorre dentro come un fiume impetuoso.


Un romanzo a tema, particolare, diverso, per certi versi azzardato e coraggioso, ove si tenta, a mio parere con successo, di diffondere cultura, storia e pensiero filosofico vestendoli con una romanzesca miscela di introspezione e avventura.


Dal libro è stato tratto il discusso film di Bille August con Jeremy Irons, che sono molto curioso di vedere, una volta trascorso un sufficiente intervallo di tempo dalla lettura.





domenica 5 gennaio 2014

Non poteva mancare!

Natalino Balasso: Discorso di Capodanno 2014.






mercoledì 1 gennaio 2014

SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE E DISINTERESSE PER I CONNAZIONALI, parte seconda.

(QUESTA VOLTA É UN POST!)

La ministra Emma Bonino, di cui a pelle nutrivo una discreta stima, evidentemente mal riposta, ha fatto -dice lei- mari e Monti (l'ex primo ministro?) per riportare in Italia la moglie del dissidente kazako Shalabayeva della quale, a me come italiano in questo momento storico, non può fregare di meno, ma lascia marcire in un carcere indiano i due poveri marò Latorre e Girone, indiscutibilmente cittadini italiani e servitori dello Stato al 100%, in balia di un governo inaffidabile, di intrighi economici e di una magistratura in realtà forse migliore della nostra (ci vuol poco!), ma ben lungi dall'assomigliare a quella anglosassone da cui dovrebbe aver tratto doverosi insegnamenti in passato.

Vedi Link all'articolo seguente de Il Giornale.


Un eroico deputato italiano di origine magrebina, mi auguro regolarmente e democraticamente eletto, con iniziative eclatanti e grande spolvero mediatico, attira l'attenzione sulle condizioni di vita degli immigrati clandestini (e ancora in dubbio se considerare esuli politici, sfollati, perseguitati religiosi, vittime di guerra, morti di fame, semplici approfittatori o peggio, delinquenti comuni) nei centri di prima accoglienza di Lampedusa. Seguono immediata caccia al capro espiatorio e perentorie prese di posizione da parte delle massime autorità istituzionali (sic!).
Nessuna iniziativa altrettanto eclatante e degna di risonanza pubblica meritano invece i milioni di cittadini italiani disoccupati, sottooccupati, pensionati alla fame, studenti senza futuro, imprenditori onesti e falliti, commercianti vittime dello strozzinaggio delle banche o di Equitalia, oltre a tutti i suicidi, omicidi e stragi familiari per disperazione, perdita di speranza e senso di abbandono.
Anzi, per questi ultimi il nuovo anno sarà foriero di nuove tasse, nuove rivoluzionarie norme per reprimere la libertà personale, la libera iniziativa e complicare e inaridire ulteriormente la nostra misera vita quotidiana.
Tutto con decorrenza immediata e, possibilmente, effetto retroattivo. 
Per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti invece se ne parlerà nel 2017, forse...


BUON ANNO NUOVO!