Blog NEWS (13/05/17)

  • - The end of the game...
  • - Continua l'autunno: nuovo post.
  • - Nuove foto: autunno stagione magica!

sabato 28 dicembre 2013

NATALE 2013

Estratti dalla allocuzione di fine anno scolastico “RIVERIRE E ABORRIRE LA PAROLA DI DIO” di AMADEU INÀCIO DE ALMEIDA PRADO (tratto da "Treno di notte per Lisbona" di Pascal Mercier):


“Eppure esiste un altro mondo nel quale non voglio vivere: il mondo in cui il corpo e il pensiero autonomo sono demonizzati e dove vengono bollate come peccato cose che appartengono a quanto di meglio ci sia dato di sperimentare. Il mondo in cui si esige da noi amore nei confronti dei tiranni, degli sfruttatori e degli assassini, sia che i brutali passi dei loro piedi calzati dagli stivali echeggino assordanti nelle vie, sia che si aggirino furtivi e silenziosi, passi di ombre vili pronte a colpire alle spalle le vittime affondando loro i pugnali scintillanti nel cuore. Non c’è nulla di più assurdo al mondo: pretendere dal pulpito che esseri umani perdonino e persino amino creature di tal fatta. E se pure qualcuno realmente ci riuscisse, ciò significherebbe una falsità senza eguali, una spietata negazione di sé che verrebbe pagata con una totale storpiatura della persona. Questo comandamento, questo folle, degenere comandamento di amare i nemici è fatto apposta per spezzare gli esseri umani, per togliere loro in modo fraudolento tutto il coraggio e tutta la fiducia in se stessi e renderli malleabili nelle mani dei tiranni, così che non siano più in grado di trovare la forza per insorgere contro di loro, se necessario con le armi.”
[...]

“Da essa [la Bibbia] parla un Dio distante dalla vita e senza gioia che vuole restringere la potente amplitudine di un’esistenza umana – la grande circonferenza che essa è in grado di descrivere quando le si conceda libertà – all’unico, inesteso punto dell’obbedienza. Piegati dalle tribolazioni e gravati dal peccato, inariditi dalla sottomissione e dall’assenza di dignità della confessione, la fronte cosparsa di cenere e solcata dal segno della croce, ci tocca andare incontro alla morte con la speranza mille volte confutata in una vita migliore nell’aldilà. Ma perché dovrebbe essere migliore a fianco di Colui che in precedenza ci ha privati di ogni gioia e dì ogni libertà?”
[...]
“Come possiamo essere felici senza curiosità, senza interrogativi, senza dubbi, senza argomentazioni? Senza la gioia di pensare? Quell’espressione [Sacrificium intellectus] simile a un colpo di spada che ci decapiti – significa niente di meno che questo: la folle pretesa che il nostro agire e il nostro sentire configgano con il nostro pensiero. È l’esortazione a una scissione totale, l’ingiunzione a sacrificare quello che è il nocciolo di ogni pensabile felicità: l’interiore unità e armonizzazione della nostra vita. Lo schiavo sulla galea è incatenato, ma può pensare quello che vuole. Ma ciò che Lui, il nostro Dio, esige da noi è che con le nostre stesse mani noi radichiamo la nostra schiavitù negli strati più profondi del nostro animo e che lo facciamo di nostra spontanea volontà e con gioia. Può esserci uno scherno maggiore di questo?”
“Nella sua onnipresenza il Signore ci osserva giorno e notte, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo tiene la contabilità del nostro agire e del nostro pensare, non ci lascia mai in pace, non ci concede mai un momento tutto per noi. Che cos’è un uomo senza segreti? Senza pensieri e desideri che solo lui conosce? Gli sgherri addetti alla tortura – quelli dell’Inquisizione e quelli di oggi – lo sanno bene: tagliagli la ritirata nell’interiorità, non spegnere mai la luce, non lasciarlo mai solo, impediscigli di dormire e riposare: parlerà. Che la tortura ci ruba l’anima significa che essa distrugge la possibilità di restare soli con noi stessi, la solitudine di cui abbiamo bisogno come dell’aria per respirare. Il Signore Iddio non ha pensato che con la sua sfrenata curiosità e il suo ripugnante voyeurismo ci ruba l’anima, quell’anima che oltretutto dovrebbe essere immortale?”

Buon Natale!




giovedì 12 dicembre 2013

Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere...

Ho sempre avuto una predilezione per le storie apocalittiche. Non ne conosco il motivo; forse qualche psichiatra potrebbe spiegarmelo.
Catastrofi ambientali, ecatombe nucleare, epidemia incontrollabile, invasioni extraterrestri sono il mio pane quotidiano. In campo letterario e cinematografico, s'intende.
Come non apprezzare storie come quelle di Ray Bradbury, George Orwell, Cormac McCarthy, Michael Crichton, Stephen King... 
Film come Alien, Virus letale, Contagion, Io sono leggenda, Codice Genesi, Oblivion, La guerra dei mondi...
Fiction come Fringe, Falling skies, Revolution, The walking dead...

Poi arriva una lungimirante e visionaria parabola come "Cecità" di José Saramago (notare l'uso sapiente degli aggettivi) e tutti i conti tornano.

In una città qualsiasi di un paese qualsiasi, un'improvvisa e inspiegabile epidemia porta tutti i cittadini alla cecità. Tutti meno uno. Il solito governo qualsiasi, composto da cialtroni e arroganti incompetenti (ma va là?!) tenta di arginare il contagio improvvisando luoghi di quarantena per i ciechi e i loro contatti. Un vecchio manicomio dismesso si trasforma così, per i protagonisti della storia, in un lager senza speranza di ritorno. Microcosmo di umanità ridotta ai limiti estremi di sopravvivenza. Fame, sete, malattia, sporcizia, violenza, morte, perdita della dignità umana e progressivo totale abbrutimento senza speranza.
Unica luce nel buio del corpo e della mente, fuor di metafora, è il solo essere umano ancora dotato della vista; una donna che, fintasi cieca per seguire il marito, diventerà guida e riferimento per tutti, la loro sola àncora di salvezza.

La prosa galoppante e incessante di Saramago, lunghissimi periodi composti da un flusso ininterrotto di dialoghi, azioni, pensieri e descrizioni, nonché il sapiente uso, o meglio, non uso della punteggiatura (quasi tutte virgole, pochi punti e nient'altro) trascinano il lettore a precipizio di pagina in pagina come un thriller d'alta scuola.
Così come per il periodo storico e l'ambientazione, anche i personaggi non hanno un nome, ma solo una descrizione; il primo cieco, il medico, la moglie del medico, la ragazza dagli occhiali scuri, il ragazzino strabico, ecc. Con questo artificio, tutto resta sospeso e indefinito nello spazio e nel tempo.

Un grande libro, una implacabile autopsia dell'animo umano, un lucido e profondo trattato di etica contemporanea (non per nulla il titolo originale recita “Ensaio sobre a Cegueira”: Saggio sulla cecità.), una moderna allegoria valida in ogni tempo e in ogni luogo.
Una lettura indispensabile.






giovedì 28 novembre 2013

Dal film "Zoran, il mio nipote scemo"

"Se sei mona e credi in Dio, crederai nel Dio dei mona."


 




venerdì 22 novembre 2013

OPERAZIONE NOSTALGIA

Temo sia la improrogabile necessità di ottenere un qualunque effetto terapeutico.
La ricerca di qualcosa che mi abbia fatto star bene in passato, di ricordi ed emozioni indelebili  legati a momenti sereni e positivi della mia vita. Complice la involontaria e del tutto anomala disponibilità di tempo libero per riflettere, quest'ultima ormai divenuta un'attività estremamente pericolosa e deleteria per il mio equilibrio psichico.

Dopo varie consultazioni innocenti e veri e propri palpeggiamenti freudiani senza scopo preciso, ma che hanno ugualmente scatenato qualche brivido lungo la schiena, ho finalmente estratto dallo scaffale e riletto con grande piacere La casa degli spiriti di Isabel Allende, il suo capolavoro insuperato del 1982. Se non ricordo male, la prima lettura era stata di poco successiva alla pubblicazione in Italia, quindi intorno al 1983-84. Ero ancora in quella fascia di età mitica, compresa fra i venti e i trent'anni, in cui la sete di emozioni, di sogni e di avventura non si sentiva mai sazia. Il coinvolgimento nelle terribile lunga storia di Esteban Trueba, della famiglia di Rosa e Clara del Valle e, per riflesso, nelle vicende sociali e politiche del Cile, dalla fine del secolo scorso ai giorni nostri, è stato totale.
Ancor oggi, seppur inquinato dal cinismo e dall'amarezza dell'età, il brivido di quell'emozione è ricomparso quasi inalterato, anche se, come si suol dire, il primo amore non si scorda mai.

Saltando di palo in frasca, ma senza abbandonare il filo conduttore della nostalgia, mi è recentemente capitato fra le mani il disco più noto e riuscito di un gruppo alternative rock norvegese piuttosto conosciuto fra gli addetti ai lavori, ma molto meno, per fortuna, al grande pubblico: Timothy's Monster dei Motorpsycho, datato 1994.

Impressionante e molto coinvolgente la netta influenza del tipico sound psichedelico degli anni 60-70. Durante l'ascolto di alcuni brani ho avuto la netta sensazione di entrare in un trip spazio-temporale e ritrovarmi (pur non avendolo mai fatto, né "strafatto"...) in un raduno hippie tanto in voga in quegli anni. Magnifici arrangiamenti finalizzati, voglio credere, a ricreare quell'atmosfera, ben miscelati però a notevoli doti di originalità e freschezza compositiva. Altri lavori del gruppo, dall'altrettanto famoso Blissard del 1996, fino al più recente Still Life with Eggplant, pur mantenendo a tratti queste originarie influenze, hanno spaziato in un più vasto orizzonte di rock alternativo e sperimentale, non sempre facilmente digeribile, ma comunque allineato ad uno standard qualitativo ben superiore alla media.

Da un altro palo a un'altra frasca.
Durante uno dei miei numerosi viaggi in terra di Francia, mi sono ritrovato in un giardino lussureggiante, tra filari di fiori variopinti delle più svariate specie, salici piangenti e grandi ninfee galleggianti alla deriva sulla superficie immobile di un laghetto incastonato nel verde. Ero a Giverny, lungo la Senna, ultima residenza in vita del grande Claude Monet, uno dei miei pittori preferiti (guardate il video alla pagina dedicata). La nostalgia di quelle immagini, di quei luoghi, delle vallate della Provenza, delle spiagge di Normandia e del suo amato giardino di ninfee è riemersa prepotentemente durante la visita della mostra dedicata alla storia del paesaggio dal '600 al '900, intitolata opportunamente "verso Monet", ospitata presso il Palazzo della Gran Guardia di Verona e aperta al pubblico fino a febbraio 2014.
Non sono un gran frequentatore di mostre d'arte, ma questo percorso paesaggistico che termina con grandi opere di artisti da me molto amati, da Van Gogh a Pissarro, da Cézanne a Monet, non poteva lasciarmi indifferente.
Andateci, se potete. Si può prenotare il biglietto direttamente su Internet, al sito https://biglietto.lineadombra.it/.

 




mercoledì 16 ottobre 2013

LUTTO NAZIONALE, MA DISINTERESSE PER I CONNAZIONALI

Questo non è un post. È uno sfogo che mi pesa sul cuore da troppo tempo. Non potevo trattenermi oltre. Qualcuno mi odierà, qualche altro applaudirà. Fa parte del gioco, del cosiddetto dibattito democratico; che poi, a ben vedere, non è altro che la solita inutile montagna di chiacchiere.
Se volete leggerlo, andate alla pagina "dovere di cronaca".
Questo non era il suo posto. Questo blog è nato con altre intenzioni, ma si sa, nella vita le cose cambiano e tener fede alle promesse è dura. Io tenterò, come sempre.



martedì 8 ottobre 2013

Perle ai Porci

Ognuno tenta di compensare le brutture del mondo e le avversità della vita come può. La pura e semplice sopravvivenza, fisica o mentale che sia, sta diventando un obiettivo primario della nostra esistenza. Per chi, come me più fortunato e baciato dal destino, sopravvivere non significa procacciarsi quotidianamente il cibo, trovare un rifugio caldo o un abito pesante per l'inverno, evitare un proiettile o un colpo di machete, allora, forse, come dirà qualcuno più saggio, non si deve parlare di sopravvivenza a sproposito.
In parte è vero. Infatti questa non è la sede giusta per dibattere sui problemi del mondo.
Questo è un blog che tratta di cose piacevoli, musica, letteratura, cinema, viaggi ecc., forse semplicemente un ennesimo tentativo personale di compensazione, di sopravvivenza mentale. 
Ancora più vero. 

Ma quando la nostra mente è oberata dal peso di un mondo così inguardabile, quando ci rendiamo definitivamente conto che la libertà non esiste, di essere solo prigionieri, ostaggi sul lavoro, a scuola, a casa, in auto, in aeroporto, ovunque giriamo lo sguardo, ostaggi l'uno dell'altro in un micidiale ingranaggio stritola-cervelli, allora, anche se abbiamo la pancia piena e un letto caldo, cosa ci resta per non impazzire?

“Perché era evidente che ci avrebbero fottuti. Più ci riempivano la testa con il sociale, la democrazia, la libertà, i diritti dell’uomo e tutte le altre manfrine, più ci fottevano. Vero come due più due fa quattro.”
Jean-Claude Izzo. “Chourmo. Il cuore di Marsiglia."

Ecco perché scoprire ogni tanto un bel libro, un bel disco, un bel film, volare con la fantasia in un'altra realtà, farsi trasportare da un magico flusso di note è come una boccata d'aria pura nuotando nel mare in tempesta, un neurostimolatore per i nostri neuroni appassiti, una piccola luce tremolante in fondo al tunnel.
Ma per trovare bisogna cercare. Commettere errori, accumulare delusioni, imboccare vicoli ciechi, girare a vuoto...
Poi, quando meno te l'aspetti, ecco, ci troviamo per le mani un piccolo gioiello.

È la sensazione che ho provato al primo ascolto di "Rhythm, Chord & Melody" dei The Reign of Kindo. Lavoro datato 2008 di un affiatato gruppo di Buffalo (USA). Una strana copertina stile album di vinile anni '70 di ispirazione jazz e un impatto sonoro fra i più gradevoli e accattivanti io abbia ascoltato negli ultimi anni. Difficile definirne il genere; inseriti quasi d'ufficio nel filone pop-jazz alternativo, in realtà il gruppo dimostra una grande capacità, oltre che tecnica, di far convivere antiche armonie da big-band anni '40-'50 con improvvisi cambi di ritmo dal soul al latinoamericano e ariose digressioni in stile progressive, accompagnate da melodie vocali a tratti addirittura troppo orecchiabili.
Questo travolgente amalgama musicale regge alla grande per tutta la durata del disco, con pochissime e trascurabili cadute di livello.
I successivi lavori del gruppo, "This is what happens" del 2010 e il recentissimo "Play with Fire" confermano il grande valore della band, anche se forse comincia a trasparire una lieve perdita di freschezza e ispirazione.

A proposito di gioielli e perle rare, approfitto di questo post per rendere omaggio e inviare un personale e appassionato saluto a quello che voglio considerare ormai un vecchio amico: Peter Gabriel, che in questi giorni, alla bella età di 63 anni, è presente in Italia nell'unica data (perché?) del suo ultimo "Back to Front tour", al Forum di Milano. L'avrei visto e salutato volentieri di persona, ma sono troppo pigro e stanco per queste trasferte da giovane tifoso sfegatato. Mi accontento di qualche video su Youtube e, forse, di un futuro DVD, che comunque mai nel mio cuore potrà degnamente sostituire il "Secret world live" del 1994.




Ciao Peter.
 




venerdì 13 settembre 2013

Cattiverie di fine estate

Un recente periodo di vacanze marine in terra di Grecia mi ha stimolato alcune riflessioni.


Mai vista, tutta in una volta, tanta brutta umanità. E per brutta intendo proprio brutta; brutta da vedere, esteticamente. Ciccioni traboccanti di pieghe, culi inguardabili, cosce da banco di macelleria, volti ottusi da ritardati mentali, sorrisi sdentati. Umani tristemente allampanati, ingobbiti, sproporzionati e asimmetrici. Ovunque. Di tutte le nazionalità, anche se, devo ammetterlo con malcelato orgoglio, in minima percentuale italiana.

Grandi civiltà europee di conquistatori, letterati, artisti e scienziati ridotte a miseri esemplari seminudi di età imprecisata, grossolani selvaggi dismorfi, sbracati e sovrappeso, che esibiscono orribili tatuaggi e orecchini come pirati dei Caraibi usciti per sbaglio dal set con Johnny Depp; sigaretta sempre accesa -naturalmente handrolling come usa- e sguardo grondante birra già di primo mattino.
Certo, non ho scelto come meta una famosa località di VIP, traboccante di gnocche e chirurgia plastica e dove del resto si beve e si fuma ben altro, ma, vivaddio, un po' di pietà per i miei occhi appannati. Per non parlare delle fantasiose e diaboliche combinazioni di pantaloncini, canottiere, magliette, prendisole, costumi da bagno...
Più si parla degli effetti deleteri dell'obesità e del fumo, più aumentano gli obesi e i fumatori, soprattutto fra i giovani, spesso combinati fra loro in una perversa miscela esplosiva per la salute pubblica e le tasche dei contribuenti, già ora insufficienti e inadeguate. 
Non meravigliamoci poi se orde di immigrati provenienti da paesi poveri e affamati si riversano sulle coste della nostra paffuta Europa (leggi Italia). 
Con quello che mangia un solo obeso in un giorno, può campare una famiglia africana -naturalmente numerosa- per un mese!
Mi sembra di scoprire l'acqua calda se affermo che per risolvere il problema basterebbe eliminare la materia prima, cioè il cibo. Qualche mese con la dieta di Auschwitz et voilà, i chili di troppo scompaiono come per magia. Altro che psicologi e costosi interventi chirurgici, spesso inutili, come dimostrano le statistiche mediche! Pensate a certe aree geografiche del pianeta (terzo mondo...) o a certe epoche storiche (guerre, pestilenze, carestie...); quando sussistono particolari condizioni di vita non vi è traccia di obesità. Chissà perchè...

Nelle mie oziose giornate sotto l'ombrellone ho letto, fra l'altro, L'esattore di Petros Markaris, ove, fra un morto ammazzato e l'altro, si descrive con drammatica semplicità la situazione economica attuale della Grecia. Stando in mezzo a loro è facile rendersi conto come le brutte abitudini di un popolo siano dure a morire. E su questo argomento Markaris non lesina ironici commenti. Il parallelismo con le brutte abitudini di buona parte degli italiani viene spontaneo. Guida senza casco e senza cinture in mezzo ad una totale anarchia del traffico, cellulare in mano sempre e dovunque (per quello i soldi non mancano mai!), famiglie chiassose e invadenti, disordine, incuria, rumori, strepiti...
Non per niente hanno coniato il detto "Una faccia una razza".

A proposito di faccia tosta, nessun amico mi chieda mai più in futuro di trascorrere le vacanze da solo con lui! Ormai due uomini in vacanza insieme possono essere solamente gay. Non si presuppone altro, anche perchè molto spesso lo sono veramente. Abbiamo voluto, forse giustamente forse no, sdoganare l'omosessualità con un Outing pubblico che di fatto mette in vetrina, e anche alla berlina, un sentimento privato? Bene.
Vi ricordate una volta, secoli fa, quando con l'amico/amica del cuore si decideva di andare in vacanza? Zaino in spalla e via... Treno, autostop, panini e cocacola, spiagge libere, campeggio, pensioncine economiche o appartamentino in affitto. Due amici in vacanza e nulla più.
Ora basta: due uomini da soli sono per forza gay e due donne lesbiche.
A parte forse per una piccola percentuale di checche impazzite, non mi pare un gran successo, nè per chi lo è, ma vorrebbe che restassero fatti suoi, nè per chi non lo è e vorrebbe che nessuno pensasse il contrario.

Comunque sia, rendiamo omaggio anche noi alla solita retorica di fine estate.
Per quanto bella sia stata una vacanza, io torno a casa sempre volentieri, alla mia routine, alle mie cose, al mio divano, ai miei animali... No, non intendevo quelli che sarò costretto a frequentare sul lavoro!
Consoliamoci al pensiero di una nuova stagione cinematografica (mi stuzzicano un paio di titoli di fantascienza...), nuovi libri da aggiungere alla nostra biblioteca, forse nuovi concerti e nuove appetitose uscite discografiche. E, perché no, al pensiero di nuovi viaggi e nuove mete da raggiungere.

Bentornati.



sabato 27 luglio 2013

Un'Estate Post...icipata.

Estate a dir poco strana questa, signori.
Tempo bizzarro e mondo ancora più bizzarro e dissociato. Fino a pochi giorni fa neppure l'ombra di un solleone stabile e invincibile, col suo corredo di gran caldo afoso, cappa di umidità appiccicosa e piombo fuso che ammazza le pecore al pascolo, diventando intollerabile dopo due giorni. E prima ancora? Inverno e primavera terribili, freddi, piovosi come non v'era ricordo. E per non farsi mancare nulla, scosse di terremoto qui e là, alluvioni, frane, smottamenti e via cantando. Dove non ci pensa la natura, ci pensa l'uomo, direttamente, per far prima; attentati, esplosioni, rivoluzioni, incidenti aerei e ferroviari; schizzati fuori di testa che ammazzano a picconate, a coltellate, a pistolettate; mariti contro mogli, figli contro genitori, lavoratori contro padroni (mai viceversa!), black bloc contro TAV...
Qualcuno vuole forse metterci sull'avviso che l'apocalisse è vicina? La cosa non mi meraviglierebbe. A quanto pare è l'unica fine che ci meritiamo.
Ma io sono fortunato, signori! Ho un lavoro stabile e ben retribuito e una bella famiglia (ora anche un cane...). Beh, forse la parola lavoro è un po' eufemistica, dopo il massacro subito da parte di questo Regime della Casta che nulla ha a che fare con una sana democrazia di un paese civile. Facile, in questo contesto, trasformare anche un buon lavoro in una pseudo-schiavitù: basta far sì che ci si senta sempre sotto la minaccia di perderlo. Così le tue pretese si abbassano, le tue richieste si adeguano e i tuoi diritti svaniscono lentamente nel nulla.

E in mezzo a tutto questo io non ho neppure uno straccio di bel film da vedere! Nessuna nuova uscita degna di interesse. Devo rimescolare nel baule dei ricordi e tirar fuori qualche vecchio DVD già visto o sfuggito alla mia attenzione. Alcune sequenze di "Million dollar baby" intercettate casualmente durante uno zapping distratto mi commuovono quasi fino alle lacrime.

Da giorni cerco inutilmente di farmi piacere uno degli ultimi fumettoni storici di Ken Follett, ma non ci riesco. I gusti diventano di giorno in giorno più difficili. Con nostalgia rigiro fra le mani vecchi libri consunti, letti e sfogliati più volte, classici di questo secolo o del precedente, non importa, spinto da un indefinibile desiderio di rileggerli.

I previsti concerti di mezza estate vanno a puttane per varie ragioni; per quelli di fine estate non si trovano più biglietti dopo 10 minuti dall'apertura delle prevendite. E che cazzo! Una congiura in grande stile.

Pesco a casaccio nella mia fortunatamente ampia raccolta di CD e musica liquida, alla ricerca di qualche vecchio dinosauro del rock che mi somministri una sferzata di energia positiva. Rispuntano i Marillion con un buon "Sounds that can't be Made"; fa capolino il vecchio Donald Fagen con "Morph the cat"; lo Steven Wilson di "The Raven that refused to sing" richiama alla memoria vecchi echi Krimsoniani; mi struggo di poetica malinconia ascoltando le vecchie canzoni di Ivano Fossati e pensando che non ne sentirò più di nuove.
Un viaggetto a Barcellona mi distrae per qualche giorno, ma la confusione della metropoli, il frastuono, la sovrapposizione babelica di voci spesso superflue, l'inevitabile e assillante presenza umana mi tolgono ormai il respiro.
Comunque sia, nulla di tutto questo sembra bastarmi.
Mi sforzo di resistere, rimescolando i miei pensieri in alchimie improbabili che mi forniscano un elisir di accettabile sopravvivenza. Purtroppo ne viene sempre fuori la solita brodaglia di vita, buona come il vecchio olio di ricino.
Scriveva Conrad: 
Non sono ancora riuscito a trovare in cuor mio qualcosa di meglio di una rassegnata sopportazione per qualunque individuo appartenente al genere umano”


Buone vacanze a tutti.


martedì 25 giugno 2013

La mia CLASSIFICA dei FILM (stagione 2012/2013)


1°- LA MIGLIORE OFFERTA (Giuseppe Tornatore)

Tornatore imbastisce con maestria un thriller psicologico/metafisico ambientato nel mondo dell'arte e dell'antiquariato di alto livello, con atmosfere inquietanti e perfetta scelta delle location. L'intreccio riesce a dipanarsi con eleganza, ritmo non troppo sostenuto ma coinvolgente e la giusta dose di suspense. Splendida, come sempre, l'interpretazione di Geoffrey Rush.





2°- IL SOSPETTO (Thomas Vinterberg)


Il dramma della pedofilia visto, per la prima -e unica?- volta con obiettività e drammatico realismo, dalla parte della persona adulta accusata ingiustamente di violenze sessuali solo per dar credito alle fantasie di una bambina gelosa. Una vita normale e serena, improvvisamente sconvolta da accuse infamanti, accompagnate come sempre da isolamento, pregiudizi, ritorsioni e giustizia sommaria anche da parte di chi fino ad un attimo prima ti era amico. Finalmente messo in discussione il dogma secondo il quale i bambini non mentono mai e devono essere considerati attendibili sempre e comunque, qualsiasi cosa dicano.
Lascia qualche dubbio il finale "buonista", in cui il malcapitato protagonista, una volta riconosciuto innocente, riprende le frequentazioni precedenti come se nulla fosse stato. Mah!





 3° - IL FIGLIO DELL'ALTRA (Lorraine Lévy)

 
Il classico pasticcio dello scambio in culla fra due neonati, questa volta arricchito da un contesto veramente fuori dal comune. Nel perenne conflitto ebraico-palestinese, il bambino arabo palestinese finisce in una agiata famiglia ebrea, addirittura con padre militare di carriera, e il bambino ebreo invece si ritrova in una famiglia palestinese che si arrabatta come può nei territori occupati, educato all'odio e alla ribellione contro Israele. Quando la cosa si viene a sapere, complice un banale esame del sangue, i figli sono ormai quasi adulti e le due famiglie vanno, come è logico attendersi, in crisi. Ma i principali artefici della pacifica soluzione saranno proprio i due ragazzi...






4° - ARGO (Ben Affleck)

5° - ZERO DARK THIRTY (Kathryn Bigelow) 


Classici film di auto-celebrazione Made in U.S.A.; su questo non ci piove. Ma ben scritti, ben diretti e ben interpretati; tutte tre le cose che trasformano un prodotto mediocre, anche se sostenuto da una buona sceneggiatura, in un grande film.

 

Argo, dominatore agli Oscar, tratta di un episodio a lungo secretato negli archivi della CIA. La funambolica liberazione di un gruppo di diplomatici americani rimasti bloccati nella Teheran del 1979, dopo il famoso assalto all'ambasciata americana e il sequestro per lunghi mesi del personale residente da parte dei rivoluzionari islamici dell' Ayatollah Khomeini.





 


Zero Dark Thirty racconta dei convulsi anni, successivi all'attacco contro le torri gemelle dell' 11 settembre 2001, dedicati alla caccia a Bin Laden; fino alla scoperta del suo covo in Pakistan e al bliz dei Navy Seals che portò alla sua uccisione.

Soprattutto in quest'ultimo film, l'eccessiva lunghezza (oltre due ore e mezzo) non rappresenta un'ostacolo alla narrazione, poiché i tempi e i ritmi si mantengono sempre sufficientemente elevati da non mettere a repentaglio l'attenzione dello spettatore.





 

venerdì 17 maggio 2013

Due piccoli grandi libri


LA STRADA (Cormack McCarthy)



Leggere un libro così in questo periodo storico è sicuramente indice di patologico masochismo. La descrizione coinvolgente, realistica, ma terribile, allucinante, sconvolgente e nel contempo bellissima di un futuro post-apocalittico da incubo non può accrescere il nostro ottimismo. O forse è vero il contrario. L'apocalisse descritta da Cormack McCarthy è però molto peggiore di quella che ho -forse dovrei dire abbiamo- sempre immaginato. Ringrazio per questo i limiti della mia immaginazione. La realtà di questi giorni è già abbastanza insopportabile.

La desolante solitudine di un padre e di un figlio sopravvissuti per anni in condizioni disperate, quasi subumane, viene descritta a piccole frasi, dialoghi spezzettati, che portano il lettore ad immedesimarsi gradualmente con i protagonisti, in particolare col padre, a soffrire la sua stessa angoscia e impotenza. Ti sembra di essere lì con loro, in un mondo grigio e opaco, in cui la caligine degli incendi ha ormai sostituito l'atmosfera e imbavagliato il sole; a cercare cibo, a raspare nelle immondizie, a rivoltare le tasche dei cadaveri.

Sarà stata un'epidemia, una guerra nucleare, una catastrofe naturale; non importa. Ormai tutto è andato distrutto. Ma il padre e il figlio continuano a spostarsi quasi come automi verso sud, verso il mare, verso una speranza di qualcosa, almeno di un maggior tepore. La madre li ha lasciati soli, li ha abbandonati e si è lasciata morire, forse suicida, non ha importanza, perché non è stata in grado di accettare la disfatta, di vivere nella razionale accettazione di un futuro inesistente, nel quotidiano terrore di una morte violenta per mano di bande di predoni stupratori e cannibali.

Il finale, anche se gravato da un evento tragico, potrebbe essere inteso come ottimistico. Io non so. 

Quanto bassa deve essere la soglia di sopravvivenza per poter parlare ancora di "vita"?


Fino a che punto si può affermare, come fanno alcuni, forse solo perchè sorretti da una fede in Dio, che "ogni vita è degna di essere vissuta"?

Cormack McCarthy offre un quadro talmente raccapricciante di un nostro ipotetico futuro che ogni risposta può sembrare avventata. 

Cosa farebbe ciascuno di noi se si trovasse nei panni del protagonista?


Per ora coltiviamo solo la speranza di non dovercisi mai trovare.



IL TRENO (Georges Simenon)



Quando nella vita quotidiana, nel tran-tran monotono delle nostre giornate, irrompe dall'esterno un evento travolgente, talora inaspettato, talora inconsciamente atteso o desiderato, e tutto improvvisamente cambia. La realtà delle cose viene ribaltata, da un momento all'altro i luoghi, gli stati d'animo, i rapporti fra le persone non sono più gli stessi. Quello che prima importava non vale più e si aprono nuovi orizzonti, nuove aspettative, che fino a poche ore prima non facevano neppure parte dei nostri pensieri più reconditi. 

Una minaccia così improvvisa e concreta, come lo può essere una guerra, stravolge la nostra vita e ci obbliga, per sopravvivere, ad un repentino  e forse definitivo cambiamento.

Simenon tratteggia in modo magistrale questa situazione e gli stati d'animo che l'accompagnano, anche se il tema portante della storia, l'imprevisto, quasi violento, sconvolgimento della nostra esistenza, non è certo così originale in letteratura, cinema e teatro.

L'improvvisa fuga di un giovane uomo e delle sua famiglia da un paese al confine col Belgio il giorno dell'invasione tedesca dei Paesi Bassi. Un treno scelto a casaccio tra quelli diretti verso il sud della Francia. L'inaspettata separazione da moglie e figlia, l'incontro casuale con una giovane donna dal passato oscuro. Nel breve volgere di pochi giorni, la vita dell'uomo non è più la stessa.

Nel dipanarsi della storia, assumono notevole rilevanza le relazioni sessuali sia fra i due protagonisti, sia fra i personaggi di contorno, che Simenon rende in modo più esplicito del suo solito. Nonostante egli sia stato uno scrittore attivo nei primi decenni del secolo, ha sempre dimostrato nei suoi romanzi, compresa la serie dei Maigret, una predilezione per certe situazioni scabrose, pur descritte sempre con sobrietà e un uso raffinato di perifrasi e sottintesi. In questo caso però la scrittura si rivela ancor più diretta ed efficace, coll'intento di dimostrare come la disinibizione, la componente istintiva e animalesca che resiste in noi nonostante tutto, sembra esplodere in situazioni  critiche in cui è in gioco la nostra stessa sopravvivenza, quasi abbia una ben precisa funzione liberatoria e scaramantica.

 
Nella parte conclusiva del libro, Simenon preferisce rimettere tutte le carte al loro posto, scegliendo la strada della parentesi di vita aperta e chiusa piuttosto che quella dello sconvolgimento totale, definitivo ed irreversibile.

Una scelta difficile tra dovere, consuetudine, sicurezza, stabilità di affetti e avventura, rischio, incertezza, precarietà.


Ovvero: meglio un giorno da leoni o cent'anni da pecora? 
Eterno dilemma umano.





venerdì 26 aprile 2013

IL POTERE LOGORA CHI NON CE L'HA

Questa vecchia massima, attribuita all'inossidabile Giulio Andreotti, del quale tutto si può dire nel bene e nel male, tranne che non sia stato un politico astuto e intelligente, si ripresenta più attuale che mai.

Al grido "Tutti a casa, tutti a casa!" per la seconda volta in pochi anni, un facinoroso esaltato e la sua cerchia di accoliti più o meno sinceri e onesti, sta tentando di sostituirsi sugli scranni del potere ai vecchi politici di professione, accusati, peraltro giustamente, di essere ingombranti sanguisughe, opportunisti voltagabbana nella migliore delle ipotesi, ladri, mafiosi e disonesti nella peggiore.

Questi improvvisati eserciti di rivoluzionari populisti, pronti, nell'immaginazione popolare, a scendere nelle piazze imbracciando i forconi e cacciare i Re Luigi di turno, quando, per disgraziato effetto del suffragio universale, avranno conquistato i loro bei seggi in parlamento e si ritroveranno dall'altra parte della barricata, ben pasciuti e lautamente stipendiati, con le leve del tanto ambito potere nelle loro mani, miracolosamente risorgeranno a nuova "bella" vita.

Non è necessario guardarsi molto indietro. Non vi è più spazio all'illusione. Abbiamo già dato, abbondantemente, tutti, o quasi...
Leggiamo in questi giorni delle prodi gesta dell'onorevole Belsito e di tutta la corte dei miracoli di uomini duri e cazzuti del Nord, che, lasciate temporaneamente incustodite le loro macellerie, botteghe di scarpe, fabbrichette di laminati, scrivanie comunali e via discorrendo, forti di una subcultura popolar-folcloristica, hanno via via occupato le posizioni chiave del potere, prendendoci molto ma molto gusto e procurando enormi disastri.

Come un fiume in piena, le acque limacciose di "Roma Ladrona" si sono estese a tutto il centro-nord, alle regioni, alle province (ex!), ai comuni, alle aziende sanitarie, ai transporti pubblici... E l'arroganza, la protervia di questi nuovi padroni con le unghie sporche, il "tu" facile e i congiuntivi vacillanti ha sostituito quella dei precedenti azzeccagarbugli di nobile lignaggio.
"Noi fummo i Gattopardi, i Leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.”                              (Giuseppe Tomasi di Lampedusa)
Ma per i poveri sudditi italiani nulla è cambiato: servi eravamo e servi restiamo! La macchina tritacarne dello stato non perdona, chiunque la guidi.



Ora è il turno del Grillo parlante e del suo movimento Cinque Stelle (non credo faccia riferimento alla guida Michelin!). 
L'avete votato per protesta, e va bene. Urla sguaiatamente le stesse parole e gli stessi insulti che urlereste voi, se ve ne dessero la possibilità, e va bene. È nemico di tutti e amico di nessuno, come ogni furbacchione che si rispetti e a voi va bene. 

Ma guardatevi attentamente allo specchio. A questo pazzo furioso dareste in mano le chiavi di casa vostra, il futuro di vostro figlio, la vostra ipotetica pensione, anche semplicemente la raccolta differenziata della vostra immondizia?

Forse, ora che il potere c'è l'ha anche lui, poverino, si metterà un po' calmo.



Venghino signori venghino... Nella nostra mangiatoia c'è posto per tutti (tranne che per Gesù Bambino a Natale; quello è troppo sfigato. Da grande finirà per iscriversi al PD e magari vincere le primarie).


Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi 
a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo, 
il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, 
la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere 
e non far partecipare nessun altro, 
nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: 
niente scrupoli o rispetto verso i propri simili 
perchè gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. 
Sono tanti arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, 
sono replicanti, sono tutti identici 
guardali stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere. 
Come lucertole si arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano. 
Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno, spendono, spandono 
e sono quel che hanno. 



E non poteva mancare:
 




giovedì 28 marzo 2013

STACCA LA MALEDETTA SPINA ("unplugged forever")


Ogni giorno il tanfo stagnante ti annienta il respiro, la melma pestilenziale ti soverchia, l'onda quotidiana di putridume oltrepassa di gran lunga la punta dei tuoi capelli inariditi e ti rivolta come uno tsunami nel condotto delle fogne. E tu sprofondi. Non riesci a muovere le gambe e le braccia per sollevarti, è come tentare di nuotare nel gel per capelli ma senza pettine, nella nutella ma senza poterti leccare le mani, senza la voce della mamma che ti chiama per la merenda. Senza voci, senza suoni, senza canzoni. Un profondo gorgoglìo dal tubo di scarico della tua coscienza.

Poi, inaspettatamente ma inevitabilmente, un piccolo baluginìo nella caligine del mondo, piccolissimo e lontano, quasi irraggiungibile, un ritmo atavico che mette in vibrazione l'aria gelatinosa e una voce, ancora più lontana, che canta...
A SCIVOLARE Giù.... Nella CORRENTE.
Per RISALIRE Su....DOLCEMENTE.
IRRESISTIBILE...STUPENDO, INCONCLUDENTE,
Dannato VIVERE.... Dannato VIVERE.
I detriti putrescenti del tuo lavoro di merda poco a poco si staccano da te. La mente inquinata dalle scorie della sfatta umanità si ripulisce, si risciacqua, si centrifuga.
Dal koma proverò a riemergere
Nelle nebbie mie lisergiche,
O Madonna che ora era,
Era oggi o ieri sera?
...
pace amore e GIOIA INFINITA 
I timpani incollati e raggrinziti da cacofonie invadenti e onnipresenti poco a poco si distendono, oscillano, si dibattono e percepiscono, dapprima in lontananza, poi sempre più vicino, un suono, una vibrazione, un tam-tam...
È in onda Radio Conga dal centro della jungla
C'è qualcuno la sopra? (Mayday mayday !)
Ecco, riesci a camminare con le tue gambe, lasci impronte melmose strascicate sul selciato infangato dalle gocce  di pioggia cadute come mignatte su questo stupido marzo, prolasso d'inverno. Le luci opalescenti che si avvicinano sono l'ingresso di un teatro. Altri ominidi sperduti come te, con lo sguardo nebuloso, vagano nell'ingresso, sulle scalinate, nei corridoi. Percepiscono tutti lo stesso rumore e ne sono inconsciamente attratti, come zombie dal tanfo di carogna e sangue.
Che rumore fa la felicità
Insieme, la vita lo sai bene
Ti viene come viene,
Ma brucia nelle vene
e viverla insieme
è un brivido è una cura
serenità e paura
coraggio ed avventura,
da vivere insieme, insieme, insieme, insieme … a te.
Aloni di luce fioca provenienti  da piccole abat-jour poste su un palco, in fondo alla sala, illuminano chitarre, microfoni,  gettano riflessi sui piatti di una batteria, oscillano al ritmo della grancassa. Alienati cenciosi in crisi mistica uguali a te affollano la platea, si sporgono dalle balconate, battono le mani a ritmo, alzano le braccia al cielo, fanno la ola...
Sei uguale a me
Altro che no
Sei come me
In ogni atomo
La merda è rimasta fuori, il lerciume del mondo qui dentro non ti può raggiungere. Ti puoi muovere liberamente, puoi cantare a squarciagola, puoi ridere, puoi ballare. Sei confuso. Tutto è diverso, non è più come prima. Tutto vive, pulsa, fluisce mollemente da un corpo all'altro, vibra nell'aria sopra le teste. Non capisci cosa sta succedendo, ma  ti  piace e ti senti libero.
Stai tranquilla non è niente
È solo vita che entra dentro
Il fuoco che ti brucia il sangue
Quella è l'anima
Puo' anche non piacerti il mondo
o forse a lui non piaci te
comunque questa e' un'altra storia
questo e' Hemingway
E se anche fosse un sogno, non ti importa. Adesso sei qui e vuoi restarci. La discarica del mondo resta fuori... Almeno per questa notte!
Tra una botta che prendo
E una botta che dò
Tra un amico che perdo
E un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò
C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

P.S. Libere impressioni sul concerto unplugged tenuto dai Negrita al Teatro Filarmonico il 25/3/13.