Blog NEWS (13/05/17)

  • - The end of the game...
  • - Continua l'autunno: nuovo post.
  • - Nuove foto: autunno stagione magica!

giovedì 12 dicembre 2013

Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere...

Ho sempre avuto una predilezione per le storie apocalittiche. Non ne conosco il motivo; forse qualche psichiatra potrebbe spiegarmelo.
Catastrofi ambientali, ecatombe nucleare, epidemia incontrollabile, invasioni extraterrestri sono il mio pane quotidiano. In campo letterario e cinematografico, s'intende.
Come non apprezzare storie come quelle di Ray Bradbury, George Orwell, Cormac McCarthy, Michael Crichton, Stephen King... 
Film come Alien, Virus letale, Contagion, Io sono leggenda, Codice Genesi, Oblivion, La guerra dei mondi...
Fiction come Fringe, Falling skies, Revolution, The walking dead...

Poi arriva una lungimirante e visionaria parabola come "Cecità" di José Saramago (notare l'uso sapiente degli aggettivi) e tutti i conti tornano.

In una città qualsiasi di un paese qualsiasi, un'improvvisa e inspiegabile epidemia porta tutti i cittadini alla cecità. Tutti meno uno. Il solito governo qualsiasi, composto da cialtroni e arroganti incompetenti (ma va là?!) tenta di arginare il contagio improvvisando luoghi di quarantena per i ciechi e i loro contatti. Un vecchio manicomio dismesso si trasforma così, per i protagonisti della storia, in un lager senza speranza di ritorno. Microcosmo di umanità ridotta ai limiti estremi di sopravvivenza. Fame, sete, malattia, sporcizia, violenza, morte, perdita della dignità umana e progressivo totale abbrutimento senza speranza.
Unica luce nel buio del corpo e della mente, fuor di metafora, è il solo essere umano ancora dotato della vista; una donna che, fintasi cieca per seguire il marito, diventerà guida e riferimento per tutti, la loro sola àncora di salvezza.

La prosa galoppante e incessante di Saramago, lunghissimi periodi composti da un flusso ininterrotto di dialoghi, azioni, pensieri e descrizioni, nonché il sapiente uso, o meglio, non uso della punteggiatura (quasi tutte virgole, pochi punti e nient'altro) trascinano il lettore a precipizio di pagina in pagina come un thriller d'alta scuola.
Così come per il periodo storico e l'ambientazione, anche i personaggi non hanno un nome, ma solo una descrizione; il primo cieco, il medico, la moglie del medico, la ragazza dagli occhiali scuri, il ragazzino strabico, ecc. Con questo artificio, tutto resta sospeso e indefinito nello spazio e nel tempo.

Un grande libro, una implacabile autopsia dell'animo umano, un lucido e profondo trattato di etica contemporanea (non per nulla il titolo originale recita “Ensaio sobre a Cegueira”: Saggio sulla cecità.), una moderna allegoria valida in ogni tempo e in ogni luogo.
Una lettura indispensabile.






Nessun commento:

Posta un commento