Blog NEWS (13/05/17)

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domenica 31 luglio 2011

Vita da telefilm

Ormai da anni importiamo regolarmente dagli Stati Uniti decine di prodotti televisivi –ora si chiamano serial, una volta telefilm- di varia qualità e di argomenti disparati. Tra quelli di maggior successo si trovano quasi sempre ambientazioni poliziesche e criminali (C.S.I., Criminal minds, Mentalist, NYPD, Numb3rs, NCIS, Life, ecc.), ambientazioni legali e giudiziarie o la mescolanza di tutt’e due le cose (Law & Order, JAG-Avvocati in divisa, The practice, Close to home, il vecchio Perry Mason, ecc.)  e, soprattutto, ambientazioni mediche (E.R., Dr. House, Gray’s anatomy, Miami medical, Nip/Tuck, ecc.).
In tutti questi ambienti lavorativi ho sempre notato una caratteristica costante e agghiacciante: i protagonisti mostrano una dedizione al lavoro così assoluta da inglobare del tutto, come un’ameba, la loro esistenza, riducendo la vita privata ad un lumicino pieno di frustrazioni e sensi di colpa e portando inevitabilmente al fallimento rapporti affettivi, matrimoni e altri interessi personali.
Pur ammettendo che questa sia principalmente una scelta voluta in sede di produzione, per mantenere alta la tensione narrativa, temo che in ogni modo rispecchi abbastanza fedelmente lo spirito produttivo del cittadino medio statunitense, votato al lavoro sempre e comunque, con orari di vita per noi italiani inconcepibili. Alzatacce all’alba e ritorni a notte fonda; telefonate nel cuore della notte o durante gli amplessi amorosi o le –scarse- vacanze, senza la normale sequela di bestemmie che un essere umano appena normale avrebbe tutto il diritto di tirare…
Conferma a questa teoria l’ho avuta leggendo la lettera al direttore de La Stampa del 26/6/11 e ho molto apprezzato la risposta data da Mario Calabresi al fanatico lettore.

La vita è una sola. Di rado entusiasmante. Spesso troppo breve. Un lavoro, il più delle volte insoddisfacente e frustrante, ma necessario, ne occupa gran parte (minimo 7-8 ore al giorno) per almeno 40 anni, eccezion fatta per i frequenti casi privilegiati tipicamente italiani e i ricchi sfondati.
Godere di più ferie possibili e avere un po’ di ore alla settimana da dedicare al tempo libero, famiglia, hobby, sport o altro non mi sembra poi così delittuoso e immorale. Il mondo va avanti anche senza di noi: come si dice, “Tutti sono utili e nessuno indispensabile”.
I lavoratori assatanati lasciamoli nei telefilm americani.

In fondo, io sono italiano e, per parte di padre, anche mezzo “terrone”!


venerdì 22 luglio 2011

Il potere di una canzone 2

Seguendo il filo dei pensieri del post precedente, voglio proporvi anche un'altra canzone che, fin dal primo ascolto, mi ha conquistato: Non è tempo per noi di Ligabue.
A seguire, il video "arrangiato" a bella posta e il testo tutto da leggere.


Ci han concesso solo una vita
Soddisfatti o no qua non rimborsano mai
E calendari a chiederci se
stiamo prendendo abbastanza abbastanza
Se per ogni sbaglio avessi mille lire
Che vecchiaia che passerei
Strade troppo strette e diritte
Per chi vuol cambiar rotta oppure sdraiarsi un po'
Che andare va bene pero'
A volte serve un motivo, un motivo
Certi giorni ci chiediamo e' tutto qui?
E la risposta e' sempre si'
Non e' tempo per noi che non ci svegliamo mai
Abbiam sogni pero' troppo grandi e belli sai
Belli o brutti abbiam facce che pero' non cambian mai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai
Se un bel giorno passi di qua
lasciati amare e poi scordati svelta di me
che quel giorno e' gia' buono per amare qualchedun'altro
qualche altro
dicono che noi ci stiamo buttando via
ma siam bravi a raccoglierci.
Non e' tempo per noi che non ci adeguiamo mai
Fuorimoda, fuoriposto, insomma sempre fuori dai
Abbiam donne pazienti rassegnate ai nostri guai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai
Non e' tempo per noi che non vestiamo come voi
Non ridiamo, non piangiamo, non amiamo come voi
Troppo ingenui o testardi
Poco furbi casomai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai

 

domenica 17 luglio 2011

Il potere di una canzone

Tra le innumerevoli belle canzoni d’autore che fanno parte del panorama musicale italiano, alcune mi stanno più a cuore di altre, sono sempre presenti nelle playlist del mio lettore mp3 o del CD player dell’auto e, fatalmente, finiscono per divenire la colonna sonora di qualche mio video o raccolta di foto. Esempio recente di questa simbiosi musica-immagini è il Trailer del viaggio in Scozia, presente nella sezione VIDEO. Il vantaggio indiscutibile della musica italiana è la piena comprensione del testo, spesso vera e propria espressione poetica, che può far scattare dentro di noi quella scintilla di coinvolgimento emotivo forse mancante nell’ascolto della musica anglo-americana. I testi di De Andrè, Fossati, Ligabue, De Gregori, solo per citarne alcuni, hanno un potere evocativo che ciascuno di noi associa ad episodi della vita o stati emozionali particolari.
Ho recentemente riascoltato una delle canzoni d’amore più originali e raffinate che io conosca: La cura di Franco Battiato, uomo di grande cultura e saggezza. Voglio proporvi di leggere con attenzione il testo e vedere il video che ho montato per accompagnare il brano.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te.


martedì 5 luglio 2011

Il Cimitero dei Libri da Dimenticare

I motivi per cui si sceglie un libro fra tanti sono i più vari. Principalmente ci affidiamo ai consigli di amici e conoscenti, alla recensione di qualche rivista o sito web, al passaparola dei lettori, a qualche spot pubblicitario. In alcune occasioni subiamo il fascino di un titolo accattivante o un colpo di fulmine irrazionale.
Comunque sia, negli ultimi tempi mi sono imbattuto in due libri molto sponsorizzati: “La principessa di ghiaccio” di Camilla Läckberg e “Chiedi scusa! Chiedi scusa!” di Elizabeth Kelly.
Ebbene, nonostante le ottime premesse, si sono rivelati letture deludenti.
Nel primo caso, quello che si presentava come un nuovo thriller “nordico”, trascinato dalla moda del momento, ha rivelato una narrazione semplicistica, scolastica e priva di mordente (problemi di traduzione?), quasi sciatta, senza le impennate e i colpi di scena tipici del genere, né la suspence che ti fa correre a spron battuto verso l’ultima pagina. Anche il gran finale a sorpresa, facilmente intuibile ad un certo punto della storia, non è in grado di emozionare più di tanto.
Nel secondo caso, ci troviamo scaraventati in mezzo ad una scombinata famiglia di squilibrati, inaffidabili e ubriaconi, la cui storia è narrata, partendo da una imprecisata infanzia fino all’età adulta, dall’unico personaggio vagamente normale del gruppo. Tuttavia, con lo scorrere della trama e il sovrapporsi di alcuni eventi drammatici (i momenti migliori del libro…), anche la figura di quest’ultimo subisce una involuzione, costellata da fallimenti, indecisioni, sensi di colpa e una costante inettitudine.
I personaggi sono ben descritti, ma forzatamente irritanti e fastidiosi come mosche Tze-Tze, e la storia, nel suo insieme piuttosto slegata, parte dal nulla per finire nel nulla di compiuto.  

Nella mia libreria vige un ordine svizzero. I libri indimenticabili, che hanno lasciato un segno indelebile, sono ben esposti sul davanti, sui ripiani più comodi; e lì restano indefinitamente. I libri di scarso interesse, deludenti, finiscono pian piano in seconda o terza fila sui ripiani più scomodi; e un po’ alla volta scompaiono…