Blog NEWS (13/05/17)

  • - The end of the game...
  • - Continua l'autunno: nuovo post.
  • - Nuove foto: autunno stagione magica!

domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale A CHI?

Ai nostri amati vicini di casa che ci tormentano da anni con i loro strepiti, le loro baruffe infinite, i loro perenni rumori di sottofondo, la loro musicaccia da subnormali?
Ai nostri amati direttori, superiori, caporeparto, capoufficio, dirigenti e supervisori di ogni ordine e grado, che si inventano di tutto e di più, con strategie fantasiose e superflue, per fracassarci i c…… ora dopo ora, giorno dopo giorno, rendendo difficile il semplice tramite l’inutile e trasformando il nostro amato lavoro in una tortura da Inquisizione spagnola?
Ai nostri amati governanti, eroi di questi giorni nella disperata lotta contro il Crack e il Default, che dopo essersi accordati con banche, multinazionali, speculatori e sanguisughe di regime per mettere bene al sicuro il proprio porcellino salvadanaio, ci hanno seppellito di tasse come un qualsiasi bambino delle elementari avrebbe saputo fare, chiedendo in cambio solo una merendina?
Ai nostri amati giovani teppisti parassiti, libero e democratico spurgo di eterne ingiustizie, oggi NO-TAV, domani NO Global, dopodomani Black Block, sabato notte sballo fumo alcool e botte e finalmente, domenica, tutti allo stadio curva nord?
Ai nostri amati calciatori (vedi sopra), divinità terrene dai pinghi portafogli, contesi, vezzeggiati, intoccabili anche in tempi di crisi profonda, una casta fra tante di privilegiati, insensibili a ICI-IMU, Irpef, IVA, pensioni di anzianità o di vecchiaia, ma disposti a qualche trucchetto per arrotondare il magro stipendio?
Agli inventori del telefonino, che hanno trasformato una massa di pecore al pascolo in persone dinamiche, vitali, inevitabili distributori automatici di suonerie demenziali e cazzate a cielo aperto 24 ore su 24; assassini del silenzio e della pace, della tranquillità e della riflessione; inquinatori di spazi aperti, luoghi sacri, panorami e paradisi naturali?
Alla nostra amata televisione, eletta a surrogato della nostra intelligenza e del nostro senso critico; ameba e baldracca straripante ai cui favori tutti ambiscono, senza distinzione di età, sesso e religione?



Caro Babbo Natale, poiché negli ultimi anni appartengo di diritto alla folta schiera dei pessimisti, afflitti dalla nota sindrome del “bicchiere mezzo vuoto”, ti chiedo solo un regalo, piccolo piccolo, un’inezia se confrontato con tutte le seconde-terze-quarte case, la Porsche Cayenne, il fuoribordo da 16 metri, iPad 64GB e TV a LED da 87 pollici: vorrei l’altra metà del bicchiere, quello mezzo pieno.
Grazie e a buon rendere…



Un piccolo saluto e augurio alle uniche che se la ridono: le mie due gatte!

lunedì 19 dicembre 2011

Ode al DISADATTATO

Alcuni anni fa ho letto un libro carino e molto delicato, che narrava uno strano intreccio di esistenze e stati d’animo in un contesto familiare molto particolare. Si trattava di “Quella sera dorata” di Peter Cameron, da cui è stato anche tratto un film di James Ivory che purtroppo non sono riuscito a vedere.
Ora ho avuto voglia di leggere l’ultima fatica dell’autore: “Un giorno questo dolore ti sarà utile”.
Lo stile della prosa è sempre ottimo e mi ha coinvolto piacevolmente la figura del protagonista, io narrante; un adolescente fin troppo maturo e precoce, che sforna massime di vita e considerazioni analitiche a tal punto ciniche e pessimistiche, ma realistiche, da essere frettolosamente etichettato come sociopatico e disadattato.
Sarà, ma mi sono trovato a condividere la quasi totalità delle sue conclusioni (“Se non fosse una tragedia, mi verrebbe da ridere a pensare che la religione è considerata una forza positiva, che rende le persone buone e caritatevoli. La maggior parte dei conflitti passati e presenti sono dovuti all’intolleranza religiosa.”), così come la sua sofferenza nel dover vivere sentendosi quasi sempre inadeguato e fuori posto in questo mondo e fra questa umanità.
A ben vedere, molti personaggi di opere letterarie o cinematografiche contemporanee soffrono di questa sindrome del “disadattato sociale”. Figure solitarie, isolate dal contesto sociale (?) per volontà propria o altrui, comunque brillanti e intelligenti, che si dibattono fra lavori inadeguati o precari, conflitti morali, sensi di colpa, difficoltà economiche e rapporti affettivi troppo complicati. Dal giovane Holden al mondo secondo Garp, dal Viaggio al termine della notte, attraverso lo sceriffo di non è un paese per vecchi e i vari commissari Montalbano, Charitos, Adamsberg, Wallander, fino a Daniel Sempere e Fermin Romero de Torres de L’Ombra del vento.
Casualmente mi capita di parlarne in giro e di esporre alcune considerazioni mie personali o tratte da alcune di queste opere (“Se la gente pensasse un quarto di quanto parla, questo mondo sarebbe un paradiso.”) e mi rendo conto che in molti hanno le mie stesse sensazioni, ma tacciono, cercano di ignorarle e soffrono in silenzio, forse per pudore o nel tentativo di esorcizzarle. 
Ci sentiamo impotenti prigionieri, ostaggi di un mondo costruito a misura di “altri” diversi da noi.

Mi torna in mente una battuta di un film carino di alcuni anni fa (“Si può fare”), ove un ex paziente psichiatrico, dimesso dal manicomio grazie alla famigerata legge 180, dice: “Non sono io ad essere scorbutico, sono gli altri che sono teste di cazzo!”.

martedì 29 novembre 2011

La fede in DIO, AIRBAG delle nostre coscienze

Due libri di recente lettura hanno riaperto vecchie ferite mai rimarginate.
Si tratta di Memoriale del convento” di José Saramago e La monaca” di Simonetta Agnello Hornby. Ambedue grandi affreschi storici, il primo nel Portogallo dominato dalla Santa Inquisizione di inizio Settecento; il secondo nel profondo meridione d’Italia la prima metà del 19° secolo.
In comune le due storie hanno, come è facile dedurre dai titoli, l’incombente ed oppressiva presenza della religione cattolica nei suoi aspetti peggiori. Con linguaggio bellico moderno, potremmo parlare di “arma di distruzione di massa”. Più che una fede intima e sublime, la religione rappresenta una presenza massiccia ed opprimente su tutti gli aspetti della vita pubblica e privata dei personaggi, senza limiti di tempo e di spazio, fino a stravolgerne il destino, siano essi poveracci, nobili, aristocratici, o addirittura teste coronate.
Tutte le fedi religiose, senza distinzione, hanno in comune l’esigenza di sostituirsi alla mente e all’anima delle persone. Ricordate il vecchio film di fantascenza degli anni ’50 “L’invasione degli ultracorpi”?
Tutti i ben oliati meccanismi di indottrinamento, catechesi, rituali, dogmi, scadenze e suddivisione del tempo in funzione di celebrazioni e ricorrenze, tutti hanno come unico scopo sostituire il nostro libero pensiero con un percorso prestabilito che ingabbia la nostra mente e pretende di proteggerla da malefiche influenze esterne. I rituali, fondamentali, ci assorbono l’intera giornata senza lasciare spazio  a demoniache ingerenze, pensieri impudichi, curiosità pericolose. Questo ci permette di delegare ad un essere trascendente, ma più spesso ai suoi ipocriti rappresentanti sulla terra, le nostre decisioni e le nostre scelte. Tutto è demandato alla volontà di Dio. Inshallah ! Bella scusa. 
Trincerati dietro questa secolare ipocrisia, tutto è permesso. Un Pater Ave Gloria e ogni nefandezza si purifica in un soave pentimento. L’anima si ripulisce e possiamo guardare il mondo con occhi limpidi, senza macchia. E ricominciare da capo...
Ormai questo intreccio di autoindulgenza e complicità reciproca porta sempre più a spostare il nostro baricentro morale verso un sano opportunismo: di fronte a scelte critiche non ci chiediamo più se è giusto o sbagliato, ma solo se ci conviene o non ci conviene.
La protagonista del libro della Agnello Hornby si ribella a tutto questo. Riesce con la forza di volontà, la perseveranza e l’aiuto di una fede pulita e sincera, a sottrarsi a questo ingranaggio infernale che la vorrebbe sepolta viva in un convento e, seppure con sofferenza, a vivere la sua vita...
Quanti di noi, e mi rivolgo principalmente ai ferventi cattolici, sanno fare altrettanto?
Io le mie scelte le ho fatte da tempo e nonostante l’invecchiamento, le esperienze spesso negative e le ferite di eterne battaglie, non posso che esserne fiero. D’altronde, diceva Ezra Pound: “Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le proprie idee, o non vale niente lui, o non valgono niente le sue idee.”.


domenica 6 novembre 2011

Il mio amico Kostas Charitos

Io e Kostas ci frequentiamo già da qualche anno. All’inizio, al primo approccio, ero un po’ scettico e diffidente, sia perchè il nostro incontro è stato piuttosto casuale, sia a causa del suo lavoro che, sulle prime, ispira sempre poca simpatia. Infatti Kostas di mestiere fa il commissario di polizia, come Montalbano insomma. Piano piano però, conoscendolo, si scoprono di lui gli aspetti più piacevoli. Stando in sua compagnia si ha sempre l’impressione di trovare un vecchio amico, un po’ brontolone, un po’ ingenuo, un po’ cinico e disincantato.

Anche lui, come noi, sempre alle prese coi problemi quotidiani; il traffico bestiale (che lo fa incazzare da morire!), lo stipendio miserevole, la vecchia auto da cambiare, i difficili rapporti coi superiori al lavoro e con la moglie a casa. Anche sua figlia Caterina lo fa dannare, ma alla fine prevale sempre l’affetto del padre e la sua predisposizione a viziarla e difenderla dalle ingerenze materne.
Mi piacciono particolarmente le sue battute ironiche e la sua aria di sopportazione nei momenti in cui diventa più difficile digerire i contrasti fra il suo vecchio mondo, che in fondo è anche il mio, e quest’intruglio volgare che cercano di rifilarci come il nuovo mondo, pieno di bellimbusti da televisione, politici arroganti ed incapaci, telefonini onnipresenti e iPad da spiaggia. A sottolineare questo eterno conflitto, ci si mette pure la sua strana passione per i vocabolari; quelli di carta, intendo. 
Questo carattere vecchio stampo è la sua peculiarità anche sul lavoro, ove, senza mai strafare, con modestia e perseveranza, ma anche con la convinzione delle proprie capacità, snoda pazientemente bandoli di matasse talora così complicate da scoraggiare chiunque. Quando ci incontriamo, mi racconta con piacere le sue avventure poliziesche, senza mai vantarsi o attribuirsi meriti particolari, anzi quasi con distacco, come se lui non fosse il protagonista, ma una semplice comparsa. Con tutta la presunzione che dilaga, questo fa di lui un eroe.


A proposito, quasi dimenticavo di dirvi che Kostas Charitos non è una persona reale, viva e vegeta, ma un personaggio di fantasia, creato dalla penna di Petros Markaris, sceneggiatore e romanziere greco non più giovanissimo (ma non come Camilleri!). Se volete fare la sua conoscenza, ve lo posso presentare.




sabato 22 ottobre 2011

Ahi Ahi Ahi, iMac...


Quando arrivo a fine settembre e vedo segnata sul calendario la data del mio compleanno, ormai mi prende un coccolone.
Allora, per riprendermi rapidamente dallo shock, decido di farmi un bel regalo; in genere un capriccio tecnologico che nessun’altro fra parenti e amici (ormai pochissimi) sarebbe in grado di farmi.
Quest’anno l’ho fatta grossa: mi sono regalato un nuovo computer, ma non uno qualsiasi; addirittura un iMac 21,5” con CPU Intel Core i5 2,7GHz di ultima generazione, appena sfornato da Steve Jobs in persona (che poi, per l’emozione è pure schiattato!).



Per me che ho sempre vissuto all’ombra di Windows e compagnia, il salto è stato notevole, ma la curiosità ormai era troppa…
Dopo un mese di cincionamenti per adattare alle mie esigenze e caratteristiche un prodotto molto (troppo?) preimpostato, con un po’ di arroganza, sul FACCIOTUTTOIOeAMODOMIO, il bilancio non può che essere positivo. I trucchi per plasmare il mondo Mac a tua immagine e somiglianza non mancano, ma bisogna avere la pazienza di andarli a cercare in giro sul web. D’altronde le mie esigenze sono notevoli: editing video in alta definizione, elaborazione audio con gestione di vari formati di compressione lossy e unlosses, fotoritocco e grafica elementare, programmi office, videostreaming, ecc.
Concludendo, ora ho di che divertirmi; infatti tutto il materiale video-audio-fotografico raccolto negli ultimi mesi sta passando al vaglio del mio nuovo iMac.
I primi risultati stanno per arrivare e ne vedremo delle belle. In tutti i sensi.


domenica 25 settembre 2011

"Dedicato a tutti quelli che stanno scappando"

Dalle preferenze espresse nella colonna alla vostra destra, è facile dedurre che uno dei miei film preferiti, se non addirittura “il” preferito, è senza dubbio Mediterraneo di Gabriele Salvatores.
Un film del 1991, vincitore quell’anno del premio Oscar per il miglior film straniero, che racconta con leggerezza e acume, grazie ad una straordinaria sceneggiatura, spumeggiante e quasi teatrale, le avventure di un gruppo eterogeneo di nostri soldati mandati a presidiare, nell’estate del 1941, una sperduta isoletta greca del Dodecaneso.
Ebbene, da allora ho sempre desiderato andare a visitare questo piccolo paradiso, il cui nome attuale è Kastellorizo, allora Megisti, dove ogni angolo, ogni piazzetta mi ispirava un senso di pace e serenità.
Quest’anno finalmente ce l’ho fatta!
Arrivati a bordo di un aeroplanino a elica, l’unico in grado di atterrare nel piccolo aeroporto dell’isola, dopo un breve tragitto in auto pubblica, ci siamo ritrovati in un magico porticciolo circondato da vecchie case colorate, quasi tutte ristrutturate nella classica architettura locale, digradanti dai colli verso un mare verde e cristallino. L’atmosfera del luogo è fantastica. Nessuna auto; barche a vela e a motore, sia da pesca che da diporto, ormeggiate lungo il molo, in alcuni punti quasi a ridosso dei tavolini di taverne e bar frequentati a tutte le ore da turisti e gente del posto. Movimenti languidi e rilassati sotto un sole implacabile e un po’ afoso fin dal primo mattino. Nei vicoli tra una casa e l’altra, sul promontorio che divide le due baie, quella principale di Megisti e quella di Mandraki, lungo le ripide scalinate verso il Paleokastro, sulle terrazze e sui muriccioli adibiti a solarium con accesso al mare, a due passi dalla casa di Vassilissa…

...Vedi Slideshow definitiva alla pagina FOTO!


Basta così, altrimenti la nostalgia e il contrasto con la dura realtà di tutti i giorni diventano mal sopportabili. Aggiungo qualche foto a mo’ di assaggio, in attesa del video e della slideshow definitiva.

domenica 31 luglio 2011

Vita da telefilm

Ormai da anni importiamo regolarmente dagli Stati Uniti decine di prodotti televisivi –ora si chiamano serial, una volta telefilm- di varia qualità e di argomenti disparati. Tra quelli di maggior successo si trovano quasi sempre ambientazioni poliziesche e criminali (C.S.I., Criminal minds, Mentalist, NYPD, Numb3rs, NCIS, Life, ecc.), ambientazioni legali e giudiziarie o la mescolanza di tutt’e due le cose (Law & Order, JAG-Avvocati in divisa, The practice, Close to home, il vecchio Perry Mason, ecc.)  e, soprattutto, ambientazioni mediche (E.R., Dr. House, Gray’s anatomy, Miami medical, Nip/Tuck, ecc.).
In tutti questi ambienti lavorativi ho sempre notato una caratteristica costante e agghiacciante: i protagonisti mostrano una dedizione al lavoro così assoluta da inglobare del tutto, come un’ameba, la loro esistenza, riducendo la vita privata ad un lumicino pieno di frustrazioni e sensi di colpa e portando inevitabilmente al fallimento rapporti affettivi, matrimoni e altri interessi personali.
Pur ammettendo che questa sia principalmente una scelta voluta in sede di produzione, per mantenere alta la tensione narrativa, temo che in ogni modo rispecchi abbastanza fedelmente lo spirito produttivo del cittadino medio statunitense, votato al lavoro sempre e comunque, con orari di vita per noi italiani inconcepibili. Alzatacce all’alba e ritorni a notte fonda; telefonate nel cuore della notte o durante gli amplessi amorosi o le –scarse- vacanze, senza la normale sequela di bestemmie che un essere umano appena normale avrebbe tutto il diritto di tirare…
Conferma a questa teoria l’ho avuta leggendo la lettera al direttore de La Stampa del 26/6/11 e ho molto apprezzato la risposta data da Mario Calabresi al fanatico lettore.

La vita è una sola. Di rado entusiasmante. Spesso troppo breve. Un lavoro, il più delle volte insoddisfacente e frustrante, ma necessario, ne occupa gran parte (minimo 7-8 ore al giorno) per almeno 40 anni, eccezion fatta per i frequenti casi privilegiati tipicamente italiani e i ricchi sfondati.
Godere di più ferie possibili e avere un po’ di ore alla settimana da dedicare al tempo libero, famiglia, hobby, sport o altro non mi sembra poi così delittuoso e immorale. Il mondo va avanti anche senza di noi: come si dice, “Tutti sono utili e nessuno indispensabile”.
I lavoratori assatanati lasciamoli nei telefilm americani.

In fondo, io sono italiano e, per parte di padre, anche mezzo “terrone”!


venerdì 22 luglio 2011

Il potere di una canzone 2

Seguendo il filo dei pensieri del post precedente, voglio proporvi anche un'altra canzone che, fin dal primo ascolto, mi ha conquistato: Non è tempo per noi di Ligabue.
A seguire, il video "arrangiato" a bella posta e il testo tutto da leggere.


Ci han concesso solo una vita
Soddisfatti o no qua non rimborsano mai
E calendari a chiederci se
stiamo prendendo abbastanza abbastanza
Se per ogni sbaglio avessi mille lire
Che vecchiaia che passerei
Strade troppo strette e diritte
Per chi vuol cambiar rotta oppure sdraiarsi un po'
Che andare va bene pero'
A volte serve un motivo, un motivo
Certi giorni ci chiediamo e' tutto qui?
E la risposta e' sempre si'
Non e' tempo per noi che non ci svegliamo mai
Abbiam sogni pero' troppo grandi e belli sai
Belli o brutti abbiam facce che pero' non cambian mai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai
Se un bel giorno passi di qua
lasciati amare e poi scordati svelta di me
che quel giorno e' gia' buono per amare qualchedun'altro
qualche altro
dicono che noi ci stiamo buttando via
ma siam bravi a raccoglierci.
Non e' tempo per noi che non ci adeguiamo mai
Fuorimoda, fuoriposto, insomma sempre fuori dai
Abbiam donne pazienti rassegnate ai nostri guai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai
Non e' tempo per noi che non vestiamo come voi
Non ridiamo, non piangiamo, non amiamo come voi
Troppo ingenui o testardi
Poco furbi casomai
Non e' tempo per noi e forse non lo sara' mai

 

domenica 17 luglio 2011

Il potere di una canzone

Tra le innumerevoli belle canzoni d’autore che fanno parte del panorama musicale italiano, alcune mi stanno più a cuore di altre, sono sempre presenti nelle playlist del mio lettore mp3 o del CD player dell’auto e, fatalmente, finiscono per divenire la colonna sonora di qualche mio video o raccolta di foto. Esempio recente di questa simbiosi musica-immagini è il Trailer del viaggio in Scozia, presente nella sezione VIDEO. Il vantaggio indiscutibile della musica italiana è la piena comprensione del testo, spesso vera e propria espressione poetica, che può far scattare dentro di noi quella scintilla di coinvolgimento emotivo forse mancante nell’ascolto della musica anglo-americana. I testi di De Andrè, Fossati, Ligabue, De Gregori, solo per citarne alcuni, hanno un potere evocativo che ciascuno di noi associa ad episodi della vita o stati emozionali particolari.
Ho recentemente riascoltato una delle canzoni d’amore più originali e raffinate che io conosca: La cura di Franco Battiato, uomo di grande cultura e saggezza. Voglio proporvi di leggere con attenzione il testo e vedere il video che ho montato per accompagnare il brano.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce
per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te.


martedì 5 luglio 2011

Il Cimitero dei Libri da Dimenticare

I motivi per cui si sceglie un libro fra tanti sono i più vari. Principalmente ci affidiamo ai consigli di amici e conoscenti, alla recensione di qualche rivista o sito web, al passaparola dei lettori, a qualche spot pubblicitario. In alcune occasioni subiamo il fascino di un titolo accattivante o un colpo di fulmine irrazionale.
Comunque sia, negli ultimi tempi mi sono imbattuto in due libri molto sponsorizzati: “La principessa di ghiaccio” di Camilla Läckberg e “Chiedi scusa! Chiedi scusa!” di Elizabeth Kelly.
Ebbene, nonostante le ottime premesse, si sono rivelati letture deludenti.
Nel primo caso, quello che si presentava come un nuovo thriller “nordico”, trascinato dalla moda del momento, ha rivelato una narrazione semplicistica, scolastica e priva di mordente (problemi di traduzione?), quasi sciatta, senza le impennate e i colpi di scena tipici del genere, né la suspence che ti fa correre a spron battuto verso l’ultima pagina. Anche il gran finale a sorpresa, facilmente intuibile ad un certo punto della storia, non è in grado di emozionare più di tanto.
Nel secondo caso, ci troviamo scaraventati in mezzo ad una scombinata famiglia di squilibrati, inaffidabili e ubriaconi, la cui storia è narrata, partendo da una imprecisata infanzia fino all’età adulta, dall’unico personaggio vagamente normale del gruppo. Tuttavia, con lo scorrere della trama e il sovrapporsi di alcuni eventi drammatici (i momenti migliori del libro…), anche la figura di quest’ultimo subisce una involuzione, costellata da fallimenti, indecisioni, sensi di colpa e una costante inettitudine.
I personaggi sono ben descritti, ma forzatamente irritanti e fastidiosi come mosche Tze-Tze, e la storia, nel suo insieme piuttosto slegata, parte dal nulla per finire nel nulla di compiuto.  

Nella mia libreria vige un ordine svizzero. I libri indimenticabili, che hanno lasciato un segno indelebile, sono ben esposti sul davanti, sui ripiani più comodi; e lì restano indefinitamente. I libri di scarso interesse, deludenti, finiscono pian piano in seconda o terza fila sui ripiani più scomodi; e un po’ alla volta scompaiono…

domenica 26 giugno 2011

La settima arte, oggi

Uno alla volta, hanno chiuso i battenti tutti i vecchi cinema del centro storico. Che tristezza! Le nostre domeniche adolescenziali con gli amici… Le serate con la morosa… La storica abbinata pizza e cinema… E ora?
Tutti a vagare come zombi nei centri commerciali dotati di cinema multisala 3D, a ingozzarci –lo fanno tutti!- di popcorn e cocacola in bicchieroni di plastica, a comprare -già che siamo qua- cazzate assolutamente inutili, rintronati da musicaccia infernale e congelati dall’aria condizionata –così si risparmia quella di casa-?
Nooooo!

Per fortuna esistono ancora i cineforum. Pochi, magari mal distribuiti o improvvisati, ma esistono.
Non sono un’entità astratta o virtuale del cyberspazio in cui, distratti da altri target, chattiamo o postiamo commenti pieni di k x y @ # sull’ultimo videoclip di MTV o di Youtube.
Nooooo!
Sono vecchi locali in muratura, talvolta rimodernati talaltra no, occupati interamente da file di poltrone che guardano una parete coperta per quasi tutta la grandezza da uno schermo bianco. Rivolto verso quella parete, quando la vista mi funziona, confuso in mezzo a pochi altri carbonari, a pensionati più o meno parkinsoniani e sciami di vedove inconsolabili, riesco ancora a godermi un bel film, quelli cosiddetti “d’autore” solo perchè raccontano con passione e sapiente mestiere una bella storia.
Già, perché il segreto è tutto lì. Per fare un bel film serve una bella storia, coinvolgente e ben raccontata. Drammatica o divertente, non importa, basta che sia bella.
Quelli non “d’autore” poi, con intenti prevalentemente commerciali, in genere sono un vergognoso guazzabuglio di volgarità, sesso, violenza ed effetti speciali che molto raramente si combinano in un prodotto di qualità; vedi i nostri cinepanettoni o le megaproduzioni hollywoodiane ispirate a fumetti o videogiochi (sic!).
Nei cineforum, per fortuna, si può assistere al connubio fra film decisamente difficili o indigesti, ma stimolanti, e film più commerciali fruibili da un vasto pubblico, ma ciononostante di elevata qualità.
Per fortuna, l’elenco di questi ultimi è ancora abbastanza lungo. Il primo nome che mi viene in mente a mo’ di esempio è quello di Clint Eastwood, che da Mystic River in poi sembra non sbagliare un colpo.
Non vorrei mai assumere il ruolo di spocchioso saccente col naso levato, che gode solo nel guardare film pallosissimi di provenienza esotica, vincitori –come evitarlo?- di qualche festival cinematografico alternativo. Questo mai. Tutti noi pseudo-cinefili abbiamo adorato Fantozzi e il suo urlo liberatorio “Per me la corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca”!
Scrollandomi di dosso questo imbarazzo, posso parlare solo di quello che al cinema mi emoziona, mi stimola, mi commuove e soprattutto mi piace. E magari parlarne con voi.

domenica 19 giugno 2011

Ascolti della memoria

Costretto recentemente da problemi sanitari ad una forzata immobilità lavorativa, ho pensato bene di occupare il tempo con una ricerca sistematica, quasi alfabetica, sulla musica Rock e tutte le sue varianti dalla fine degli anni sessanta fino ad oggi, con particolare riguardo naturalmente al periodo a me più caro degli anni 70 e primi 80.
I musicisti e i dischi fondamentali, non necessariamente di mio gusto, sono stati analizzati storicamente sfruttando i molti siti web dedicati all’argomento. Ho fatto così anche piacevoli scoperte/riscoperte e riascoltato vecchi classici che sembravano dimenticati.
Memorabile e insostituibile il periodo del Rock progressivo anglosassone, che ha scavato un solco nel cuore della mia generazione: Genesis, King Crimson, Jethro Tull, Emerson, Lake & Palmer, Van Der Graaf Generator, Yes, Pink Floyd, Gentle Giant, Camel, Traffic e, in Italia, Banco del mutuo soccorso e Premiata Forneria Marconi su tutti.
 Ho riascoltato con emozione e partecipazione –forse anche con nostalgia?- capolavori come Nursery Crime dei Genesis, Aqualung dei Jethro Tull, The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd, In The Court Of The Crimson King dei King Crimson. Ho riscoperto gruppi “di confine” come gli Uriah Heep e ho scoperto ex novo gruppi neo-progressive quasi contemporanei come i Pendragon, i Porcupine Tree, i Beardfish…
Dopo lo scossone del Punk, il movimento cosiddetto New Wave dalla fine degli anni 70 alla metà degli 80 sforna artisti memorabili come Talking Heads, David Bowie, Roxy Music, Patti Smith, Ultravox, Police, Simple Minds, Eurythmics, Style Council, U2, Cocteau Twins, Dead Can Dance e via discorrendo.
Album come Remain In Light dei Talking Heads, Reggatta de Blanc dei Police o Café Bleu degli Style Council hanno lasciato il segno e portato una ventata di idee nuove nel panorama musicale del periodo.
Questa mia improvvisata ricerca retrospettiva è ancora in pieno svolgimento, quindi per ora mi fermo a questa semplice introduzione generica all’argomento, col proposito di riprenderlo e rinnovarlo in altri futuri post.

venerdì 17 giugno 2011

Letture

Dopo avervi girato attorno per anni “come un moscone sulla merda” mi sono finalmente deciso a leggere Viaggio al termine della notte di Celine. Lo temevo, ma ne ero attratto. Una volta accettata la strana prosa istantanea, colloquiale e infarcita di termini in antico Argot (il nostro gergo), traduzione permettendo, si viene rapidamente assorbiti dal flusso narrativo autobiografico e autolesionista dell’autore. Purtroppo mi sono trovato pienamente concorde con l’impostazione nichilista e disfattista che accompagna tutta la narrazione.
Nessuna speranza di redenzione viene concessa al genere umano: “E’ che non conoscevo ancora gli uomini. Non crederò più a quello che dicono, a quello che pensano. E’ degli uomini e di loro soltanto che bisogna aver paura, sempre.”
Come si può dargli torto?


mercoledì 15 giugno 2011

Referendum. Considerazioni sul nucleare.

Come facilmente prevedibile, i recenti referendum si sono conclusi con una schiacciante vittoria del Sì. Il risultato, soprattutto riguardo il quesito sul nucleare, mi lascia piuttosto perplesso e mi pare il frutto di un pericoloso mix di propaganda faziosa e disinformazione. Purtroppo la tragedia giapponese, dovuta, ricordiamolo, ad un cataclisma naturale superiore a qualsiasi capacità umana, ha influenzato in modo significativo il già fragile equilibrio emozionale degli italiani. Queste scelte sono spesso scelte di “principio” più che dettate da argomenti razionali.  Tra questi argomenti ne elenco alcuni, già ampiamente trattati sui media, che, purtroppo, interessano prevalentemente le generazioni successive alla mia.
  1. 1.    Le fonti energetiche attuali, quasi tutte non rinnovabili, non dureranno in eterno, anzi si prevede il loro esaurimento nell’arco di decine di anni (decine, non centinaia o più!). Questo è un fatto acquisito, ben noto da tempo.
  1. 2.    Le cosiddette energie alternative, assolutamente preferibili–chi è così stolto da negarlo!-,  grazie alla lungimiranza dei nostri governanti e agli interessi economici sottostanti, sono molto arretrate ed insufficienti a garantire il continuo aumento di richieste energetiche del pianeta. Vedi paesi “emergenti” e popolosissimi come India e Cina.
  1. 3.    Nonostante questo, tutti, compresi coloro che hanno votato con convinzione per il Sì (…e non ditemi di no!), usano e continueranno ad usare sempre più elettrodomestici, condizionatori, cellulari, computers, Playstation, aerei, automobili, treni e chi più ne ha più ne metta. Chi è fra noi disposto a tornare indietro di cent’anni, quando verranno a mancare le fonti di energia? Spostarsi a dorso di mulo? Leggere a lume di candela? Comunicare coi piccioni viaggiatori?
  1. 4.    Nessuno in Italia, compreso il sottoscritto evidentemente, vuole avere vicino a casa centrali nucleari, discariche o ferrovie ad alta velocità, però continuiamo imperterriti col nostro stile di vita, a consumare energia, a produrre rifiuti, a promuovere Referendum… 
Cioè, come si dice dalle mie parti, vogliamo “ovo, galina e cul caldo”.
Ergo, quale fonte energetica abbiamo a disposizione nell’immediato, che ci permetta di tamponare la situazione fino allo sviluppo completo e duraturo –se ci sarà- delle energie alternative?

“Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.”


martedì 14 giugno 2011

Introduzione e inaugurazione

Iniziamo con delle semplici definizioni.

ostèllo    [o'stɛllo]
s.m.
[letterario] abitazione, dimora.

Le Muse (in greco: Μοῦσαι, -ῶν; in latino: Mūsae, -ārum) sono 9 personaggi della mitologia greca e romana, figlie di Zeus e di Mnemosine o Memoria, o, secondo un'altra versione, di Gea (Terra) e Urano (Cielo). L'importanza delle muse nella mitologia antica era assai elevata: esse infatti rappresentavano l'ideale supremo dell'Arte, di cui erano anche patrone ed erano preposte alle varie forme di pensiero, sotto la guida di Apollo.
Il numero delle muse e il campo dell'arte in cui esse agivano venne precisato intorno al IV secolo a.C. I loro nomi erano:


Le conclusioni sono semplici.
Diamo una dimora e un rifugio alle varie forme di pensiero artistico –e anche non?-, nelle sue molteplici espressioni. Classiche, come letteratura, musica, poesia, teatro, pittura, ecc. Moderne e contemporanee, come cinema, fotografia, grafica, videoediting, webart, ecc.
Creiamo un punto d’incontro per commentare un libro, un film, uno spettacolo teatrale o un concerto; per raccontare le emozioni di un ascolto musicale o di un viaggio, magari con l’aiuto di foto e video.
E, tra un pensiero e l’altro, diamo sfogo, perché no?, a brevi considerazioni di carattere sociopolitico, etico, lavorativo e chi più ne ha più ne metta.
Signori, si va in scena… e vediamo cosa succede.

N.B.: Il blog è “WORK IN PROGRESS” fino a data da destinarsi!